“Perché vuoi parlare con noi? Cosa hai da dire? Israele, il nostro nemico, non ci ha fatto quello che tu ci hai fatto. Israele, il nemico, non ha sganciato una bomba nucleare su nessuno degli stati arabi. Ci hai distrutti. Dopotutto, l’apparato di sicurezza di Hezbollah controlla il porto di Beirut. Non c’è controversia su questo. Quindi, se sapevi del nitrato di ammonio e non hai fatto nulla, sei da biasimare. Se non lo sapevi allora non stai svolgendo il tuo lavoro, sia tu che quelli che controllano il porto. Tutto quello che dirai oggi è irrilevante. Solo una cosa devi dire: siamo responsabili dell’incidente e siamo criminali. Israele non ci ha fatto quello che ci hai fatto tu! Non nel 1982 e non nel 2006″.
Queste sono state le parole che Dima Sadek, ex speaker della televisione libanese Lbc, ha pronunciato, rivolgendosi ad Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah, in un video condiviso su Twitter e che ha avuto vasta eco un po’ in tutto il mondo. Video pubblicato prima del discorso di Nasrallah alla popolazione libanese dopo l’esplosione di Beirut.
La responsabilità acclarata oramai, della strage in Libano, è da attribuirsi alla formazione integralista Hezbollah, finanziata dal Iran, che di fatto tiene in ostaggio la popolazione libanese e l’accusa, pesante e chiara, non lascia spazio a nessuna interpretazione. Dima Sadek, la coraggiosa giornalista libanese della foto, ha apertamente accusato Hezbollah che ritiene responsabile di aver stoccato armi, esplosivo e materiali pericolosi e in grandi quantità, proprio nel centro città. Non è la prima volta che la Sadek critica Hezbollah e per questa sua posizione è stata spesso minacciata.
Per questo è importante che il suo nome e la sua battaglia vengano conosciuti da tutti perché in un mondo come quello del giornalismo pieno di yesman, dove regna di tutto tranne che il coraggio e l’informazione corretta, Dima Sadek è una perla rara da proteggere e conservare. Dima Sadek, che purtroppo è conosciuta solo per la sua bellezza e per il suo fascino, è una vera giornalista che, come ha sempre dimostrato, non si ferma davanti a nulla. Una giornalista che con il suo coraggio, al limite dell’incoscienza considerando da dove opera, non guarda in faccia a nessuno: neanche a quelli che girano per Beirut, la sua città, con armi automatiche a tracolla.
Difenderla, e difendere la sua accusa verso chi è riuscito in pochi secondi a uccidere, a ferire, a distruggere e a umiliare, è un dovere di tutti, a prescindere da quello che diranno le varie commissioni di inchiesta che faranno di tutto per coprire e insabbiare le responsabilità di chi ha immagazzinato per anni armi, esplosivi e sostanze pericolose vicino ai centri abitati, e di chi, nonostante i vari allarmi lanciati da più parti, non ha mai agito affinché i pericoli non fossero disinnescati.