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Bella Ciao, la vera storia di una canzone-truffa

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Una mattina mi son svegliato e ho scoperto che Bella ciao, l’inno della Resistenza, non è mai stato l’inno della Resistenza. I partigiani cantavano Bandiera rossa, l’Internazionale, Pietà l’è morta, La strada nel bosco, La badoglieide, Fischia il vento e molte altre. Ma Bella ciao, no. Durante la Resistenza, Bella ciao “risulta circoscritta alle zone di Montefiorino, nel reggiano, e dell’alto bolognese, oltre a quelle delle Alpi apuane e del reatino” (Stefano Pivato, Bella ciao, Laterza).

Il successo di Bella ciao data all’inizio degli anni Sessanta. Si cerca una canzone simbolo per le celebrazioni della Resistenza. Fischia il vento pare troppo connotata politicamente in senso comunista. Si opta per Bella ciao. Il richiamo allo “invasor” salda Risorgimento a Resistenza. Nel 1964 è eseguita al festival di Spoleto in uno spettacolo del Nuovo canzoniere italiano. La canzone, già nel repertorio di Claudio Villa e Gigliola Cinquetti, inizia a far parte del songbook del Movimento. Negli anni Sessanta Giovanna Daffini parla di scippo alle mondine. Bella ciao sarebbe un canto delle lavoratrici nei campi. Controversia mai risolta del tutto, nel 2002 Giovanna Marini, con Francesco de Gregori, ha eseguito questa versione primigenia, che risalirebbe all’inizio del secolo XX (ma verrà un giorno che tutte quante / lavoreremo in libertà). C’è del resto chi sostiene che il canto delle mondine derivi da Bella ciao.

Non ha importanza ai fini di questo articolo. Bella ciao in sostanza torna di interesse generale negli anni Novanta, quando diventa un inno contro Berlusconi (ricordate Michele Santoro che la intona in tv?). Poi la serie tv La casa di carta la ripropone al pubblico internazionale. Successone, la incide perfino Tom Waits in Songs of resistance, album del chitarrista Marc Ribot. Ormai la cantano tutti, fino alle piazze delle sardine. È un inno alla libertà? Forse nel brevissimo tempo in cui riaffiora negli anni Sessanta. Poi è un inno della sinistra più o meno comunista, che con la libertà non ha mai avuto dimestichezza.

Alessandro Gnocchi, 11 dicembre 2019