Cronaca

Bengalese maltratta la moglie, pm chiede assoluzione: “È un fatto culturale”

Per il pubblico ministero il comportamento non dipende dalla sua coscienza

© Nejron, doidam10 e Konstantin Postumitenko tramite Canva.com

Un caso di violenza risalente al 2019 accende i riflettori su una piaga che accomuna molti Paesi in condizioni di arretratezza socio-economica: il matrimonio combinato. Una piaga che, complici i flussi migratori indiscriminati, si sta diffondendo anche in Italia. Una 29enne originaria del Bangladesh ha denunciato suo marito, connazionale sposato in patria con nozze combinate, per i ripetuti maltrattamenti fisici e psicologici perpetrati nei suoi confronti.

Richiesta di archiviazione

Come riporta il Giornale di Brescia, la Procura aveva chiesto l’archiviazione del procedimento a carico dell’uomo ma il Gip l’aveva negata, ordinando l’imputazione coatta per lo straniero nato e cresciuto in Bangladesh: “Sussistono senz’altro elementi idonei a sostenere efficacemente l’accusa in giudizio nei confronti dell’ex marito”, aveva affermato il giudice.

A processo iniziato, il Pubblico ministero ha rinnovato la richiesta di assoluzione per l’imputato, sottolineando che “i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine”. Il caso viene inquadrato come un reato orientato da un punto di vista eminentemente culturale.

Uno schiaffo ai diritti delle donne

Scioccata la presunta vittima: “La cultura di origine non può essere una scusa. Sono stata trattata da schiava”. La teoria dei reati attribuiti al retaggio culturale è smentita da una sentenza dello stesso tribunale di Brescia, che condannò un padre islamico per i comportamenti aggressivi contro le figlie femmine: “I soggetti provenienti da uno Stato estero devono verificare la liceità dei propri comportamenti e la compatibilità con la legge che regola l’ordinamento italiano. L’unitarietà di quest’ultimo non consente, pur all’interno di una società multietnica quale quella attuale, la parcellizzazione in singole nicchie, impermeabili tra loro e tali da dar vita ad enclavi di impunità”.

La domanda sorge spontanea: che immagine del sistema giudiziario italiano stiamo dando al mondo? Quella di un ordinamento che, in nome del buonismo, si limita a constatare le diversità culturali senza punire i violenti? Decenni di lotta per l’affermazione dei diritti delle donne andati a farsi benedire. Secondo certa magistratura (rossa), seviziatore islamico batte donna violentata. Vi pare un criterio di civiltà?

Lorenzo Cianti, 11 settembre 2023