Omicidi in famiglia

Benno Neumair e gli altri: cosa trasforma un giovane in killer

Figli che uccidono i genitori? Si chiama overkilling: cosa è e da cosa viene scatenato

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Figli che uccidono i genitori. Può trattarsi di parricidio, matricidio o parenticidio. Si sta parlando di overkilling, ossia quando il delitto si consuma in famiglia.

Uno dei fattori che spesso si riscontra in questi crimini efferati è la giovane età degli assassini, spesso adolescenti, i quali uccidono con una violenza di gran lunga superiore a quella necessaria. Tra i requisiti particolari dell’overkilling non c’è solo la violenza efferata ma anche le motivazioni futili, o peggio ancora, l’assenza delle stesse.

Tra gli altri aspetti raccapriccianti c’è lo stato emotivo del giovane killer, come la sua freddezza e determinazione durante il delitto e la totale assenza di rimorso, una volta commesso, con un atteggiamento di apparente normalità.

Ma perché tra le mura domestiche sorgono queste condotte omicide di una violenza inaudita? La risposta la si trova proprio nella famiglia stessa, ossia il perno della formazione dell’identità personale e del ruolo sociale dei figli.

Ed è proprio tra le mura domestiche che i giovani killer coltivano un sentimento di ingiustizia subita, anomalie nel processo di apprendimento, bassa soglia di frustrazione, incapacità di svolgere un ruolo, assenza di sentimento comunitario, incapacità di autocritica, bisogno di gratificazione immediato, aggressività sessuale, impulsività, tendenze interpretative, volontà di essere punito, comportamento nevrotico.

Stati emotivi sicuramente non attutiti dal boom dei social che facilitano nei giovani un’inquietudine narcisistica sempre più significativa, mettendoli a confronto con le loro contraddizioni e l’ambivalenza dei loro desideri, portandoli così a dubitare delle loro capacità e delle loro risorse interne.
Precisamente, dall’ analisi dei vari casi, si sono individuati tre ordini di moventi: disturbo psichiatrico preesistente, litigiosità familiare, interesse economico.

Moventi da cui si comprende perché un parenticidio non sempre consiste nel liberarsi di un ostacolo, ma può anche essere la liberazione dai vincoli, dagli ostacoli ad una vita autonoma. Ecco perché l’overkilling, spesso commesso con armi da punta e da taglio, oppure armi da fuoco e armi contundenti, non è altro che lo strumento con cui liberarsi dal controllo dei genitori.

Aspetti, questi, che si possono ben riscontrare nelle parole di Benno Neumair, oggi trentatreenne, condannato già all’ergastolo in primo grado, il 19 novembre 2022, e poi confermato in appello lo scorso ottobre per l’omicidio dei genitori – Peter Neumair e Laura Perselli – e l’occultamento dei loro cadaveri.
L’uomo, infatti, nel maggio del 2021, dopo quattro mesi dietro le sbarre, in un’intervista all’Adnkronos dal carcere di Bolzano, aveva descritto così il suo stato d’animo: “In carcere sono disperato, fatico a capire perché ho fatto ciò che ho fatto. Ho ucciso i miei genitori a distanza di pochi minuti uno dall’altra, mi sono commosso quando hanno trovato i corpi”.

Benno aveva parlato anche dei momenti in cui aveva commesso il duplice omicidio: “Quando ho ucciso mio padre prima e mia madre poi, era come se fossi uscito dalla realtà”, non nascondendo di essersi commosso e di essersi sentito altresì sollevato dopo la scoperta del cadavere del padre nell’Adige. “L’esercizio che faccio più spesso è quello di provare a cancellare dalla mia memoria il 4 gennaio (2021)”.

Un giorno in cui aveva avuto” un blackout”, “descrivendo i momenti che avevano preceduto il crimine e dai quali erano emersi i conflitti col padre, parlando anche della sua fragilità psicologica.
Parole che troveranno un muro in Anna Palleschi, psichiatra forense, perita delle parti civili, intervenuta in aula per dire che Benno non si era pentito di aver ucciso i genitori. Secondo l’esperta, infatti, il giovane pensava solo a sé stesso, mentre gli altri non gli interessavano.

Un’analisi confermata dai messaggi vocali del 2020, che la madre aveva inviato ad un’amica: “Benno è sempre stato pieno di buone intenzioni e poi c’è questa bestia in lui che lo fa andare così. Vediamo se si riesce con calma, per il suo bene, a metterlo in una comunità terapeutica”. Secondo i periti della Procura, il giovane non avrebbe mai perso la lucidità. Una personalità aggressiva che si era manifestata anche in carcere, dove Benno, ad agosto 2021, aveva dato un pugno ad un compagno di cella mentre il mese prima aveva tentato di strangolare un altro in una lite scoppiata per futili motivi.

Condotta aggressiva e comportamento anomalo. Era stato proprio quest’ultimo a portarlo nel mirino degli investigatori che, infatti, avevano raccolto testimonianze dalle quali erano emersi i rapporti non sereni di Benno coi familiari e coi colleghi. Infatti, dalle scuole von Aufschneiter, dove l’uomo insegnava, si era parlato di dissapori con i colleghi, minacce e di una lettera indirizzata all’istituto scolastico, per chiedere che il docente venisse allontanato.

Una richiesta che è stata sicuramente esaudita il 30 ottobre, quando la Corte d’Assise d’appello ha confermato la condanna all’ergastolo, rigettando di fatto la richiesta di accesso a un programma di giustizia riparativa da compiere insieme alla sorella Madé e alla zia.

Un ergastolo inflitto ad un figlio che avrebbe strangolato i genitori con un cordino da alpinista e che, dopo il duplice omicidio, aveva cercato di rendere credibile la versione che vedeva i genitori dispersi.
Per questo motivo Benno aveva gettato i corpi nel fiume Isarco e si era disfatto dei cellulari e, tornato a casa, aveva ripulito tutto creandosi un alibi per la sera del delitto, andando a casa di un’amica con l’auto dei genitori, denunciando la scomparsa dei genitori solo il giorno dopo.

Un figlio che, per oltre un mese, si era dichiarato estraneo ad ogni tipo di coinvolgimento nella scomparsa dei suoi cari, per poi costituirsi il 28 gennaio. Una condotta omicida nata da un disturbo narcisistico di personalità che, però, da quanto era stato riportato anche dalle perizie psichiatriche, non aveva compromesso la lucidità mentale del trentenne al momento del delitto. Infatti, Benno era risultato in grado di intendere e di volere al momento del duplice omicidio.

Nemes Sicari, 12 novembre 2023

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