Chiesa

Il caso della rinuncia

“Bergoglio non è il vero Papa”. La bomba dell’autore del libro su Ratzinger

Intervista ad Andrea Cionci, storico dell’arte, giornalista e autore di “Codice Ratzinger”, tradotto in cinque lingue

Papa Francesco

Quando Papa Bergoglio pubblicò l’Enciclica Laudato sì…, gli inviai una lettera (poi pubblicata) ove scrivevo alcune parole ardite: «Santissimo Padre, mi sono fatto la convinzione che in qualche passaggio essa [l’Enciclica, ndr] non sia stata ispirata dal Suo naturale ispiratore, Dio Onnisciente». E, oltre, così concludevo: «Proporre che i Paesi poveri usino solo quegli impianti [fotovoltaici, ndr] per il proprio fabbisogno energetico, significa negare loro l’energia, cioè significa condannarli alla povertà. Proporre, poi, che siano i Paesi ricchi a sostenere l’enorme, quanto inutile, sacrificio economico, significa impoverire le popolazioni di questi Paesi a vantaggio di quella ristretta minoranza che, unica, si avvantaggerebbe del miserabile affare. La ristretta minoranza che ha assunto le forme del diavolo che, temo, s’è insinuato nei cuori dei Suoi consiglieri, Santissimo Padre». Era otto anni fa.

Con la Laudate Deum di quest’anno, Francesco ha riconfermato tutto quanto aveva anticipato nella Enciclica del 2015, cosicché ebbi l’occasione di chiedere pubblicamente come mai il Papa avesse indugiato su quella linea, sebbene avvertito – e non solo con la mia lettera, che potrebbe benissimo non aver letto – delle cantonate che stava prendendo in tema climatico-energetico. Alla mia domanda ha fatto seguito una risposta che ha attirato la mia attenzione: «semplice, Bergoglio non è il vero Papa». A parlare era Andrea Cionci, storico dell’arte, giornalista, collaboratore di diverse testate nazionali e – ho appreso – autore di «Codice Ratzinger» (Maggio 2023, ed. Byoblu), un bestseller tradotto in 5 lingue e presentato 60 volte in altrettante città italiane. Siccome sono curioso, ho cercato direttamente l’Autore per saperne di più.

Qual è il suo punto, Cionci?

«Dopo un’inchiesta triennale, ritengo di poter sostenere che nella “Declaratio” di dimissioni Benedetto XVI abbia detto qualcosa di diverso da quanto è stato capito».

Cominciamo dall’inizio…

«Papa Ratzinger ha pronunciato la Declaratio in latino dove ci sono due parole chiave: munus e ministerium, che in italiano sono tradotte entrambe con una sola parola: “ministero”. Lui disse: “Sono pervenuto alla certezza che le mie forze non sono più adatte per esercitare il munus Petrino. Sono ben consapevole che questo munus, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando». E oltre: «…per governare la barca di Pietro è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo, che in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministerium a me affidato. Per questo dichiaro di rinunciare al ministerium di Vescovo di Roma”».

Per approfondire:

Ma le due parole latine hanno significato molto diverso. Il munus è l’investitura divina, mentre il ministerium è il potere pratico che ne consegue: è la differenza che passa tra “essere” Papa e “fare” il Papa. Per l’abdicazione, il canone 332.2 richiede la rinuncia del Papa al munus, mentre Benedetto ha dichiarato di rinunciare al solo ministerium. Ma il Papa può perdere il solo ministerium senza il munus in un solo caso, quello di “sede totalmente impedita” (can. 335), quando Egli è prigioniero, confinato, esiliato, non libero di esprimersi: resta Papa, ma non può fare il Papa. Questo è il perno di tutta l’interpretazione».

Ma come può un Papa porsi da solo in sede impedita?

«Infatti, non può. Da qui il geniale escamotage dell’ora romana. Ratzinger dice: «dichiaro di rinunciare al ministerium di modo che dal giorno 28 febbraio, hora vigesima, la sede di San Pietro vacet». Senonché, secondo l’orario tradizionale pontificio, il conteggio delle ore comincia non dalla mezzanotte, ma dal tramonto, e l’hora vigesima coincide con le ore 13 del 1° marzo. Ratzinger sapeva che il bollettino pontificio esce sempre dopo le 12 e prima delle 13, cosicché la convocazione del nuovo conclave sarebbe stata illegittima, perché sarebbe occorsa a Papa né morto né abdicatario. E così accadde. La convocazione, effettivamente occorsa prima dell’hora vigesima, fu così una sorta di colpo di Stato, e Benedetto XVI entrava ufficialmente in sede impedita, perdendo il suo ministerium».

Insomma, secondo lei nella Declaratio v’è un codice nascosto…

«Sì, da cui il titolo del mio libro. E non solo nella Declaratio. È uno stile comunicativo trasparente e ultra-preciso, in parte mutuato da quello di Cristo, con cui Benedetto parla “a chi ha orecchie per intendere” e fa comprendere la situazione canonica. Chi sa leggere e ascoltare, capisce e, se crede, prende posizione. Si tratta di una pletora di “messaggi” che necessitano di un minimo approfondimento logico, storico, linguistico o canonico per essere compresi».

Me ne dice alcuni?

«In “Ultime conversazioni” – libro-intervista di Peter Seewald del 2016, testo approvato e autorizzato da Benedetto – si legge: “nessun Papa si è dimesso per mille anni”. E, oltre: Benedetto “è il primo Papa dopo mille anni a compiere questo passo”. Senonché, l’ultimo abdicatario (Gregorio XII) è del 1415, cioè quasi 600 anni prima, non 1000. Quindi, per lo stesso Ratzinger la Sua non fu una abdicazione. Piuttosto, l’ultimo Papa a dare dimissioni alle quali lo stesso Benedetto XVI paragonò le proprie fu un altro Benedetto (Benedetto VIII) che, nel 1013, proprio circa mille anni dopo di Pietro ed esattamente 1000 anni prima di Ratzinger, dichiarò una rinuncia al ministerium, senza abdicare.

Per gli ultimi nove anni, poi, Ratzinger ha ripetuto che c’era un solo Papa, senza specificare quale dei due lo fosse. Al contempo, ha continuato a impartire la benedizione apostolica, prerogativa esclusiva del Papa. E c’è anche un esempio di codice-Ratzinger divertente: al vaticanista Andrea Tornielli, che nel 2016 Gli chiedeva come mai avesse mantenuto la veste bianca – anziché sostituirla con una talare nera filettata di rosso o viola, da cardinale o vescovo – Ratzinger rispose che la scelta era stata soprattutto pratica, dato che “al momento della rinuncia non c’erano altri abiti disponibili”.  Mancanza d’abiti per anni? Anche Mons. Gänswein si faceva spesso latore di tali messaggi. L’anno scorso riferiva in una conferenza alla Lumsa le seguenti parole di Ratzinger: “Se non credete, la risposta è nel Libro di Geremia”. E in quel libro – tutto imperniato su un profeta chiuso in un pozzo – si legge appunto: “io sono impedito”. A chi non può leggere il mio libro, consiglio la visione di tre brevi documentari sul mio canale Youtube: “Dies irae”, “Intelligenti pauca” e “Redde rationem”».

Mi faccia fare l’avvocato del diavolo: nelle “Ultime conversazioniGänswein riferisce che “le dimissioni diventano effettive il 28 febbraio”. Inoltre, nella Declaratio Benedetto dice che dall’hora vigesima del 28 febbraio la sede di Pietro sarà “vacante” (vacet), cosicché possa essere convocato un Conclave per eleggere il nuovo Papa.

«Sì, il 28 febbraio, ma alla hora vigesima! Quanto al “vacet”, il primo significato del verbo fa intendere non che la sede apostolica rimarrà vacante, quanto piuttosto che la sede di Roma (cioè l’appartamento apostolico) e la sede di San Pietro (la cattedra di vescovo di Roma in Laterano) rimarranno “vuote, sgombre, libere”. Come infatti è stato. Inoltre, nell’ultima frase citata, la traduzione corretta è che “dovrà essere convocato il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice da parte di costoro ai quali compete”. Così Benedetto specificava che, alla Sua morte, il prossimo vero Sommo Pontefice avrebbe dovuto essere eletto da quegli stessi cardinali allora lì presenti, nominati da lui o dal suo predecessore, Papa Woityla».

Insomma, secondo lei Bergoglio non avrebbe il munus e gli atti papali da Egli compiuti sarebbero illegittimi, comprese le nomine di nuovi cardinali, cosicché nel prossimo conclave, sarebbe illegittimo il nuovo Papa se non è eletto col solo voto di quei “costoro ai quali compete”. Come potrebbe risolversi la cosa?

«Tramite la Costituzione Universi Dominici Gregis (art. 3, 76, 77). Basta che qualcuno di quei “costoro ai quali compete”, cioè i soli cardinali pre-Bergoglio, dichiari che con la morte di Benedetto XVI è morto il Papa».

Un ultimo commento?

«Mi permetta di complimentarmi con lei: ebbe buon fiuto quando nel 2015 scrisse la sua lettera a Bergoglio facendoGli presente lo zampino del diavolo nella Laudato si’…».

Franco Battaglia, 24 ottobre 2023

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