Perfino Roberto Benigni ha manifestato apprezzamenti – e che apprezzamenti – per l’articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero». Naturalmente, tra il dire e il fare… Vediamo allora se è vero che tutti hanno diritto a manifestare il proprio pensiero. Già sappiamo che non lo è, perché non appena Silvio Berlusconi ha dichiarato di non vedere bene né l’invio delle armi a Zelensky – e, a dire il vero, di non vedere bene neanche lo stesso Volodymyr Zelensky (lo ha chiamato “questo signore” che è un modo, al meglio, di tener le distanze da qualcuno) – e ha chiarito che se la guerra continua è perché il presidente ucraino insiste a bombardare il Donbass, ecco le reazioni: «Follie putiniane (Domani, di Stefano Feltri)», «parole inquietanti» (Simona Malpezzi, capogruppo Pd al Senato), «vaneggiamenti putininani» (Carlo Calenda), è stato definito il pensiero di Berlusconi dai difensori dell’articolo 21 della Costituzione.
Blaterano che ognuno può manifestare il proprio pensiero, salvo definirlo pazzo se il pensiero non collima con quello loro. Come al solito è Silvio Berlusconi a dimostrare di avere una testa sulle spalle e un cervello dentro la testa. Ci fosse stata l’elezione diretta del Presidente della Repubblica lo avremmo avuto al Quirinale, anziché avere Sergio Mattarella, che ha definito questo conflitto “ottocentesco”, senza rendersi conto che gli ottocenteschi sono gli ucraini, che stanno a combattere per difendere un territorio i cui abitanti hanno oppressi e tormentato per otto anni. È tutto scritto, e la Storia si fa coi documenti scritti. Potrei dirne a dozzine e qui sul sito le ho già dette, ma ne dico (ripeto) una sola: la Costituzione ucraina prevede, al suo articolo 10, che quella ucraina sia la lingua ufficiale del Paese. Peccato che quasi la metà di quel Paese è di lingua russa. Tutto qui? Per così poco, direte? La cosa è enorme.
Per approfondire
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- “Non parlerei con Zelensky”. Cosa ha detto davvero Berlusconi
Basti pensare che la nostra Costituzione non prevede una lingua ufficiale, sebbene l’italiano sia la lingua del 99% di noi. O basti pensare che, in Costituzione, la Svizzera ha tre lingue ufficiali: tedesco, francese e italiano, quest’ultimo parlato dal 10% degli Svizzeri. Di più: in tutte le circostanze legali ove sono coinvolti i cittadini svizzeri di lingua romancia (che sono l’1% degli Svizzeri), la lingua ufficiale – dice la Costituzione svizzera – è il romancio. La Costituzione ucraina è invece, di suo, prodromica alla guerra civile. Che è quel che è avvenuto non appena nel 2014 si insediarono al governo (peraltro con un colpo di Stato) elementi decisi a interpretare il senso semantico di quell’articolo 10, perpetrando pulizie etniche fino, appunto, alla guerra civile. Nella quale Putin vi è “ufficialmente” intervenuto dopo 8 anni.
Già il 27 febbraio dello scorso anno avevo occasione e libertà di scrivere: «Vladimir Putin ha tutte le ragioni per non fidarsi dell’Occidente». Come dire che era evidente anche a un profano come me che il conflitto non nasceva il 24 febbraio 2022. E il 22 marzo, avevo occasione e libertà di scrivere: «Allora, Zelensky, arrenditi, magari chiedendo che ti si garantisca salva la pellaccia. Così facendo, oltre la tua, salverai molte vite non ancora spezzate».
Personalmente non mi capacito come sia possibile non vivere senza angoscia questa guerra. Non sono di quelli della pace a ogni costo, perché la cosa non attiene all’imperfetta natura umana; ma di tutte le guerre questa è la più grottesca e insensata. Ma anche questo non mi stupisce. Ciò che veramente induce l’angoscia è assistere a codesta quasi concorde comunione di sentimenti belligeranti da tutti i capi di Stato dell’Occidente, al di là e al di qua dell’Atlantico, alimentata dal quasi concorde coro dei mezzi di comunicazione di massa. L’angoscia di vivere sopra una polveriera coronata da una moltitudine pronta col cerino in mano, che dà del pazzo a chi regge la pompa dell’acqua. Caro Silvio Berlusconi, grazie di esistere.
Franco Battaglia, 15 febbraio 2023