Paola Wokellesi è sempre stata una montatella e non serviva un profiler di Quantico a capirlo: troppo costruita, troppo piena di intenziosi, il sorrisetto che voleva essere sfottente, gli occhioni sgranati che simulavano ironia, ovviamente per tutto quello che stava fuori dal perimetro di sinistra, oh, così convinta di piacere, di piacersi, però simulando distacco per queste faccende egotistiche. Sai quando una sfotte quelle che posano, non facendo altro che posare, peggio di Belen, peggio di Pandora Ferragni.
Diciamolo: insopportabile come tutti anzi tutte quelle della tribù piddina, giullari, istrione, divettine, influencer di servizio. Aspettava la sua occasione per esplodere davvero, riscattandosi dal prato basso della comicità di genere, e l’ha trovato con una pellicoletta pompatissima dalla critica, essendo una fumetto sgranato di stampo postneoeralista pop, e gonfiatissima siccome siamo nel temibile regime fascista per cui la scuola pubblica nazionale spedisce tutti i suoi alunni delle medie inferiori e superiori a vedere, ad educarsi, a conformarsi su questo “C’è ancora domani” o come si chiama, insomma a consumare Paola Wokellesi.
Perché nelle scuole italiane di ogni ordine e grado puoi bruciare le aule, sparare in faccia alla prof, pallini di gomma e vittimismo familiare, e passi comunque col 9 in condotta, ma se non vai disciplinato ad assimilare la propaganda da Istituto Luce di Paoletta, sconto studenti 5 euro, passi solo guai. E la Meloni, muta, anche se la regista strumentalizza l’impossibile contro di lei. Vedi il regime fascista. Di conseguenza, l’attrice regista umorista bla bla bla si è prestissimo impancata a nuova coscienza muliebre piddina, non senza malizia promozionale: non si è persa una ribalta, si è epifanizzata ai funerali femminicisti, ha predicato, ha posato con le follower con la maglietta, insomma ha fatto business solidale. E adesso è pronta per il gran salto, quando una comincia a scazzare sulla corrente del populismo retorico woke, significa che è pronta. Senza scrupolo, senza rimorso, senza sospetto del ridicolo, che per una comica è veramente il massimo.
Cosa ha fatto Paola Wokellesi? È andata alla Luiss, diremmo il posto giusto, uno dei posti giusti, dei moderni templi woke, a dar segno di qualunquismo in apparenza ideologico, cioè stupido, in effetti strategico, dunque astuto. Non un fulmine a ciel sereno: le danze della pioggia gender correct le aveva già inaugurate con una complessissima intervista sul Corriere a Veltroni, quando si dice essere nel brodo giusto, la subcultura fumettistica a presa rapida, largo consumo, sottoerudizione per follower e collezionisti di figurine, di documentari, il praticello bassissimo della riflessione per studenti medi, appunto, o meglio mediocri, di tutte le età. Già lì si era avuta conferma della consistenza, con passaggi del tipo voglio la pace nel mondo e le donne salveranno il pianeta, un mix tra Bergoglio, Greta e miss Universo.
Alla Luiss, galvanizzata dall’occasione, che per le comicuzze piccoloborghesi sono sempre di quei contesti orgasmici, Paola Wokellesi non si è più tenuta, producendosi in una serie di sciocchezze – no: di stronzate, siamo onesti, siamo leali con chi ci legge – di singolare sfrontatezza, perfino per una parvenu del moralismo punitivo piddino: mentre «Biancaneve faceva la colf ai sette nani». «Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso?». «Perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?».
O tempora o mores: una volta una capace di tanto, a maggior ragione passati i 50, non l’avrebbero manco fatta sedere: signorina, si ripresenti alla prossima sessione cum grano salis, almeno un po’; almeno faccia finta, simuli una ricrescita non solo tricologica, santo cielo. Ma siamo all’oggi senza tempo e il rettore veramente magnifico della Luiss, Luigi Gubitosi, non si è tenuto neanche lui nell’adorazione facilona: “Diritti, inclusione e sostegno al merito sono i valori che cerchiamo di trasmettere ogni giorno ai nostri studenti e che trovano, in Paola Cortellesi, un’ambasciatrice straordinaria. Stimolare la sensibilità e la consapevolezza dei più giovani su temi cruciali come questi significa arricchire la loro formazione e rafforzare l’impegno e la responsabilità di Luiss come ateneo internazionale, aperto alle sfide del futuro e connesso con il mondo reale”.
Sembra un’enciclica di papa Francesco Baracca: ma suona bene, tipo il cartone animato di Wokellesi. Paola sta alla Luiss come Chiara sta alla Bocconi, una luissina, l’altra bocconiana. E qui si castigat ridendo mores, ma, ancora col nostro adorato Giorgio Caproni, per la disperazione calma, senza sgomento. Montatelli in quota Pd, ce n’è un soldo la dozzina, di solito durano poco, si fanno fuori anche tra loro, la concorrenza è spietata, una Paola, due Chiare (Ferragni e Valerio), a proposito: c’è già stata Paola Wokellesi da Fabio Vacuo? Sì, mi pare di sì, ma prima dell’uscita del film agenda per scolari, dovrebbe essere ottobre, ora è ora di rilanciare con una intervista da profetessa, signora mia.
La sinistra riparta da Paola Egonu o Wokellesi cambia niente perché sono perfettamente fungibili al netto delle sfumature di pigmento: sotto, l’anima è sempre rossowoke. Le montatelle in carriera finiscono tutte allo stesso modo: l’ex umoristika Paola si consegna ai pugnettoni sussiegosi, in piena sindrome di Cecchettin, che si cura bene a Bruxelles. Auguri.
Max Del Papa, 11 gennaio 2024