Diciamolo pure senza troppi giri di parole: con il mondo ormai sull’orlo di un conflitto globale e il suo baricentro sempre più spostato verso est, l’Occidente non può proprio permettersi una leadership così fragile come quella che garantirebbe Joe Biden. Al di là delle rassicurazioni di rito arrivate nelle ultime ore, “Posso darvi la mia parola: non correrei se non credessi con tutto il mio cuore di poter fare questo lavoro”, si è affrettato a puntualizzare l’attuale inquilino della Casa Bianca, appare fin troppo evidente come il presidente americano non sia più nelle condizioni di poter adempiere al proprio ruolo ed affrontare un eventuale secondo mandato.
Dal G7 in Puglia al recente confronto televisivo con Donald Trump, in più di un’occasione Joe Biden ha dimostrato di essere impacciato nei movimenti, poco lucido mentalmente e talvolta del tutto assente, tanto che si è arrivati ad ipotizzare persino la presenza di una presunta condizione neurodegenerativa (una sindrome parkinsoniana?), chiaramente ancora tutta da accertare.
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Ad ogni modo, a prescindere dalla natura della diagnosi, resta il fatto che il presidente americano non gode di uno stato di salute tale da potergli consentire di guidare anche per i prossimi quattro anni una nazione come gli Stati Uniti, peraltro in una fase storica cotanto delicata. E poco cambia che si sia simpatizzanti di uno o dell’altro schieramento politico: l’inadeguatezza di Biden è talmente palese da andare ben oltre l’ideologia o le simpatie politiche.
Oggigiorno, l’Occidente ha quanto mai bisogno di una leadership forte e di una personalità carismatica (e ovviamente in salute) la cui autorevolezza sia trasversalmente riconosciuta. Un identikit che non può certo corrispondere con il profilo di Joe Biden, ormai alla soglia delle ottantadue primavere e parecchio provato dal tempo e dalla malattia. Sicuramente non un campione di affidabilità per il blocco occidentale, ne tantomeno un segnale di forza all’indirizzo dei tanti avversari che tendono sempre più a farsi spazio in un mondo sempre meno americanocentrico e cristianocentrico.
In questo senso, risulta impietoso il confronto con gli anni ottanta del secolo scorso, e più precisamente con le due figure più emblematiche di quel decennio: Ronald Reagan e papa Wojtyla. In quella stagione, la grandezza della loro azione risultò decisiva per consentire al mondo libero di avere la meglio sul totalitarismo di stampo sovietico. Oggi, al contrario, l’età e le precarie condizioni di salute di Joe Biden e papa Francesco, le due figure apicali del nostro tempo, rappresentano tutto, fuorché una garanzia per il futuro dell’Occidente.
Salvatore Di Bartolo, 29 giugno 2024
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