Se dovessimo riassumere l’attuale stato del conflitto in Ucraina, potremmo utilizzare solo una formula: nessuno può perdere, nessuno può vincere. La battaglia di Bakhmut – tra le più cruente degli ultimi mesi e decisiva non tanto per la conquista della città in sé, ma perché potrebbe segnare la prima vittoria russa dopo la controffensiva ucraina – continua ad essere in una fase di stallo. Anzi, è il Wall Street Journal, nella giornata di ieri, ad aver offerto un quadro preoccupante da una parte degli ucraini – a corto di munizioni – e dall’altra per la Wagner, sia a corto di soldati che di armi. Insomma, l’esito oggi più che mai rimane estremamente incerto.
Nel frattempo, già a partire dalla serata di ieri, sono cominciate a filtrare le prime notizie riguardanti forniture di fucili d’assalto dalla Cina alla Russia. Un passo decisivo per Pechino sotto almeno due punti di vista. Il primo: Xi Jinping andrebbe a conclamare ufficialmente la sua alleanza con Putin, ad oggi presente solo in ambito economico. Sul lato bellico, infatti, il Dragone è sempre stato ben restio dal prendere una posizione sulla guerra in Ucraina. Anche il “piano di pace”, presentato pochi giorni fa, non ha mai compreso al suo interno il termine “pace”, pur riconoscendo la sovranità di Kiev sui territori perduti.
Il secondo punto di vista, invece, riguarda Taiwan. Schierando armi cinesi in campo ucraino, la Cina potrebbe testare in battaglia il livello delle proprie armi rispetto a quelle occidentali. I risultati, quindi, sarebbero rilevanti soprattutto in un’ottica di “riunificazione” futura con Taipei, la quale ormai da anni è addestrata dall’esercito americano con armi a stelle e strisce.
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La vera notizia della giornata arriva proprio dal fronte atlantico. Il presidente Usa, Joe Biden, ha già fissata una “data-fine” del conflitto. E questa potrebbe essere a maggio. Il ministro della Difesa statunitense, John Austin, dopo la conclusione del vertice online con oltre 50 Paesi filo-ucraini, ha ribadito la necessità di “non perdere tempo”. Anzi, “stiamo mettendo insieme le armi ed i mezzi militari che consentiranno all’Ucraina di riconquistare il territorio perduto”. Secondo le indiscrezioni, la grande offensiva di Kiev potrebbe iniziare tra meno di due mesi, il tempo necessario per far arrivare nel Paese i nuovi tank ed i veicoli blindati.
A ciò, si aggiungono altre buone notizie per Zelensky. La Polonia, infatti, sarà il primo Stato occidentale a fornire alla resistenza ucraina aerei di caccia, fortemente richiesti dal governo di Kiev agli Usa negli scorsi mesi, ipotesi cassata con un secco “no” da parte dello stesso Biden. Ora, però, lo scenario è cambiato anche per il Pentagono: le difficoltà dell’esercito russo e della Wagner nel sfondare le linee hanno ufficialmente convinto i vertici americani di poter sferrare il colpo decisivo a Putin.
Il messaggio rimane, quindi, un chiaro sostegno all’Ucraina, che nelle prossime settimane andrà ad incrementarsi, ma senza uno scontro diretto con Mosca. Dopo la “crisi del drone” nel Mar Nero, dove due jet russi hanno abbattuto un drone Usa in acque internazionali, è stata la medesima Casa Bianca a voler smorzare le tensioni, parlando di spericolatezza dei due velivoli del Cremlino; mentre l’ambasciatore russo negli Stati Uniti ha esplicitamente affermato che Mosca non vuole in alcun modo lo scontro diretto con Washington. Adesso, però, la situazione potrebbe cambiare. E vedremo come reagirà Putin sul fronte dei rapporti internazionali e – soprattutto – su quello della guerra.
Matteo Milanesi, 17 marzo 2023