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Biden prova a fare il Trump, e perde

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Partiamo dalla non-notizia: secondo i giornali e le tivù Donald Trump ha perso il dibattito. O comunque si è dimostrato per l’ennesima volta pericoloso e inadeguato, fa niente se parlano del presidente che ha ottenuto il riconoscimento di Israele da parte di due monarchie sunnite o di quello che sfoggiava i fondamentali economici record prima della pandemia, i titoli e le analisi sono precotte sia al di là che al di qua dell’Atlantico, quando finisce il primo scontro tra i due candidati alla Casa Bianca bisogna solo buttarle nella padella mediatica.

A tentare di guardare la realtà e non la sua sostituta politicamente corretta, la propaganda democratica, non è stato un dibattito memorabile. Il format è diventato quasi subito quello dell’interruzione, della battuta sarcastica o persino dell’insulto esplicito, comunque quello della rissa. Un format in cui dire che è più a suo agio Trump è un soave eufemismo. Non perché il presidente della più grande democrazia del globo sia un bifolco da saloon, come archiviano la faccenda i nostri (presunti) intellettuali. Ma perché è un format che frequenta di più, è il format con cui ha scalato da outsider assoluto un partito inizialmente ostile (nella nomenclatura, il popolo repubblicano era con lui come forse non accadeva dai tempi di Reagan), è il format con cui ha vinto le elezioni già date per perse in mondovisione contro Hillary Clinton.

E anche stavolta la Cnn sforna un 60% secondo cui avrebbe vinto Joe, la protesi di Obama, contro un solo 28% che dice The Donald. La Cbs prova a darsi un contegno, e si attesta su un 48% Biden- 41% Trump. La verità perfino ovvia è che la rissa in politica la spende meglio il sulfureo tycoon piuttosto che il superburocrate di partito. Così quando il primo interrompe sfacciatamente, sa che il giochino funziona se nel frattempo stani l’avversario anche sul contenuto. “Avevi un accordo con Sanders su un piano di medicina socialista!”, lo spauracchio del ceto medio conteso, mentre l’altro sta dipingendo le magnifiche sorti e progressive della sanità ultraliberal che ha in testa.

“Ho dovuto chiudere l’economia più fiorente della storia del Paese!”, traslando il discorso dal Covid all’argomento americano per eccellenza, le imprese che fatturano e i posti di lavoro che girano, mentre l’altro sta impartendo una lezione tecnicamente puntellata ma priva di anima sulla gestione dell’epidemia. “Il problema è che i democratici come te che guidano quelle città non vogliono sentir parlare di legge e ordine!”, proprio così, law and order, il totem nixoniano a cui guarda da sempre la maggioranza silenziosa a stelle e strisce, mentre la tirata antirazzista dell’altro si infrangeva sul bilancio deficitario in materia del doppio mandato Obama.

Quando interrompe Biden, invece, è perché ha raggiunto la saturazione, perché non regge più le interruzioni e certo anche le palesi provocazioni altrui, non è tattica, è crisi di nervi. E quindi diventa subito “pagliaccio!”, “bugiardo!”, “perché non stai un po’ zitto?”. Intendiamoci, il mero sfregio, dentro un dibattito che ha subito deposto il fioretto per la clava, l’ha praticato spesso anche Trump. “Non c’è niente di intelligente in te, Joe”, “tuo figlio è stato congedato con disonore dall’esercito e non ha mai avuto un lavoro prima che fossi vicepresidente”, e via colpendo. Ma il repubblicano non è stato schizofrenico come l’avversario, non passava dalla seriosità impostata all’aggressione acefala, giocava i suoi cavalli di battaglia contenutistici dentro la cornice della rissa, come altrettanti ganci, non tirava pugni di frustrazione.

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