Esteri

Medio Oriente

“Bimbi marchiati, ebrei frustati coi cavi”. Così Hamas ha torturato gli ostaggi

I rapiti non israeliani tornati in patria raccontano le condizioni di prigionia nella Striscia di Gaza: “Minori drogati”

Ostaggi in mano ad Hamas sono stati torturati La liberazione degli ostaggi

Il governo israeliano ha vietato alla stampa israeliana e internazionale di incontrare gli ostaggi rilasciati da Hamas. Questo per impedire che venissero allo scoperto particolari, ancora sotto censura, relativi alla loro detenzione. Si è trattato principalmente di una mossa preventiva perché sarebbero potuti passare particolari che avrebbero messo in pericolo i rapiti ancora in mano ad Hamas.

Il racconto delle torture sugli ostaggi

Questo però non ha impedito agli ostaggi non israeliani rilasciati da Hamas, principalmente lavoratori tailandesi impegnati nelle raccolte nei kibbutz, di parlare con la stampa straniera e proprio dai racconti di uno di loro si è saputo che gli israeliani sono trattati molto duramente da Hamas. Secondo questo testimone, di cui per ovvi motivi non sono state fornite le generalità, i prigionieri hanno ricevuto cibo insufficiente, acqua potabile razionata ma, soprattutto, ha raccontato di aver visto torturare gli uomini israeliani che venivano a turno frustati con cavi elettrici di un certo spessore.

Informazione questa che la censura avrebbe voluto tenere, almeno per il momento, riservata.

Come ha riportato il Jerusalem Post, un trattamento disumano è stato applicato, e si tratta di un crimine ancora più grave, anche nei confronti dei minori rapiti. È trapelato infatti dai medici e dagli infermieri, per ironia della sorte a parlare sono stati proprio gli operatori sanitari arabo-israeliani che si sono presi cura di questi bambini, che dalle analisi delle urine e del sangue risulta che i minori siano stati drogati.

Si presume che questo sia probabilmente successo ogni volta che venivano spostati da un posto ad un altro.

Molti di loro hanno cicatrici di bruciature sulle gambe, uno dei bambini ha raccontato al padre di essere stato obbligato a poggiare una gamba su un tubo di scappamento di una motocicletta. Il Jerusalem Post, quotidiano in lingua inglese che ha rivelato questo tragico particolare, nel suo articolo spiega che i segni delle bruciature erano per Hamas utili al riconoscimento dei bambini ebrei e israeliani nel caso fossero riusciti a scappare.
Considerando quanto potesse essere difficile per un minore pensare, o meglio organizzare, una fuga, si capisce chiaramente che si è trattato soltanto di violenze senza senso praticate sui più deboli.

Ricordiamo che erano proprio i nazisti che marchiavano i deportati nei campi di sterminio con numeri tatuati sulle braccia.

A Gaza si combatte

Il primo dicembre il cessate il fuoco è stato interrotto da Hamas, ma questo non ha colto nessun osservatore di sorpresa: i segnali di una ripresa dei combattimenti c’erano tutti.

La pazienza israeliana, ma anche quella dei negoziatori egiziani e qatarioti, è stata messa a dura prova dalla spettacolarizzazione del rilascio dei rapiti, in particolare lo show in diretta del rilascio di Mia Leimberg, 17 anni, ripresa con accanto gli uomini delle Brigate al-Qassam, l’ala militare del Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) e delle Brigate Al-Quds, l’ala militare della Jihad islamica con il volto coperto, mentre veniva consegnata alla Croce Rossa Internazionale. In quelle immagini Mia aveva in braccio il suo cane Bella, femmina di cane Shih Tzu, anche lei portata via il 7 ottobre scorso durante l’attacco di Hamas al Kibbutz Nir Yitzhak. Considerando quanto siano odiati i cani nel mondo islamico, infatti quasi tutti i cani dei kibbutz assaltati il 7 ottobre scorso sono stati massacrati insieme ai loro padroni, mantenere in vita quella ragazza e il suo cagnolino è servito solamente a inscenare una farsa a uso e consumo delle telecamere occidentali.

Anche la presentazione delle liste dei possibili rilasciati a pochi minuti dallo scadere del tempo, in modo che Israele non avesse il tempo di controllare se le madri e i figli fossero stati divisi, cosa poi avvenuta per ben due volte, è stata motivo di grandi tensioni ai tavoli di trattative.

Così Hamas ha violato la tregua

Hamas ha comunque violato più volte i termini del cessate il fuoco ed è giusto ricordare quando e come.

La prima quando in fase di rilascio della terza trance ha diviso dei bambini dalle loro madri, il non dividere i minori dai genitori era una condizione fondamentale per mantenere vivo il cessate il fuoco. La seconda quando ha rivendicato l’attentato di Gerusalemme dove ci sono state vittime civili, quattro morti, di cui una donna incinta al quarto mese di gravidanza, e sette feriti di cui quattro in gravi condizioni. La terza quando, nell’ultima trance di rilasci, Hamas ha messo nel conteggio dei dieci ostaggi liberati anche due donne con passaporto russo che invece non dovevano essere conteggiate perché rilasciate in segno di amicizia nei confronti di Putin. Poi, alla fine, nella mattinata del primo dicembre Hamas ha ripreso il lancio di razzi verso i centri abitati di confine.

Oltre che a Sderot le sirene sono suonate in altri centri urbani che si trovano nel raggio di pochi chilometri dal confine con la Striscia di Gaza e nel pomeriggio missili sono arrivati anche nei pressi di Tel Aviv.

La protezione civile israeliana ha ricominciato a mandare in onda su tutti i canali nazionali le avvertenze alla popolazione sul comportamento da tenere in caso di allarme mentre gli aerei della IDF hanno ripreso a bombardare siti sensibili a sud della Striscia di Gaza e i carri-armati riprendevano posizione. Che il cessate il fuoco e il rilascio di una piccola parte degli ostaggi servisse ad Hamas solo per rimettere ordine nelle sue fila, recuperare le armi e, soprattutto, impossessarsi della benzina arrivata insieme agli aiuti umanitari era chiaro, e la ripresa dei lanci di razzi e missili ne è la prova.

Per Israele, anche se dal punto di vista militare è stato un errore, aver liberato una parte degli ostaggi è un successo dal punto di vista umano e da un filo di speranza ai parenti di coloro che dal 7 ottobre scorso sono in mano ai terroristi.

Michael Sfaradi, 2 dicembre 2023

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