La Black Lives Matter Global Network Foundation ha speso circa 6 milioni di dollari per l’acquisto di una sontuosa villa nel sud della California utilizzando il denaro delle donazioni. Il New York Post sforna l’ennesimo scandalo legato al movimento antirazzista, e ancora una volta viene censurato e la notizia ignorata nella galassia americana.
La villa e il video cancellato da YouTube
La villa da ricchi era apparsa per la prima volta in un video pubblicato a giugno scorso, in occasione del primo anniversario dell’omicidio di George Floyd e l’esplosione a livello planetario del movimento. Si vedono Melina Abdullah, Patrisse Cullors e Alicia Garza – dirigenti del movimento – mentre cenano nel giardino della villa, mangiano e discutono della causa antirazzista. Con l’esplosione del caso – poche ore fa -, però, la BLM ha immediatamente cancellato il video da YouTube: l’organizzazione sperava di mantenere segreta la proprietà della casa, e invece la villa da 2000 metri quadrati sta facendo il giro del mondo.
Non è ancora chiaro esattamente dove si trovi l’opulenta dimora, ma secondo il New York Post vanta più di mezza dozzina di camere da letto e bagni, camini, un palcoscenico, una piscina, bungalow e un parcheggio per più di 20 auto. Sarebbe stata acquistata in contanti nell’ottobre del 2020 con i soldi delle donazioni che il movimento antirazzista più famoso al mondo ha ottenuto soprattutto dopo l’uccisione di Floyd, secondo il rapporto esplosivo del NYP.
Contattati dal quotidiano statunitense per un commento sui fatti, i referenti del BLM hanno tentato di insabbiare la storia. E avrebbero fatto circolare un promemoria interno, scrive sempre il NYP, con possibili risposte per evadere l’argomento: “la casa serve da rifugio segreto per il movimento” e “la villa in realtà è un campus: fa parte del braccio culturale dell’organizzazione, potenzialmente come una casa per gl’influencer, in cui i contenuti sono prodotti da artisti e creativi”.
L’altro scandalo del mattone
È l’ennesimo scandalo del mattone che coinvolge il movimento no profit della supremazia nera, e che arriva solo a pochi mesi da un altro scandalo. Solo il 29 gennaio 2022, il New York Post scriveva che la Black Lives Matter Global Foundation Network aveva trasferito diversi milioni a un ente di beneficenza canadese gestito da Janaya Khan – moglie della Cullors, entrambe fondatrici del movimento ed ex dirigenti – per acquistare una villa che un tempo era stata la sede del Partito Comunista. M4BJ, un’organizzazione no-profit con sede a Toronto fondata da Khan e altri attivisti canadesi, ha acquistato la proprietà storica di 10.000 metri quadrati per l’equivalente di 6,3 milioni di dollari in contanti nel luglio 2021, secondo i registri delle proprietà di Toronto visualizzati dal New York Post. La Khan si è dimessa dal movimento nel 2021, un mese dopo che The Post ha rivelato l’investimento di 3,2 milioni di dollari in case in Georgia e Los Angeles.
Marxista per la libertà
La Cullors s’è sempre definita marxista addestrata e combattente per la libertà e non c’è solo la villa in California appena scoperta dal Post, ma anche una nel bianchissimo quartiere di Topanga Canyon, nella parte occidentale della Contea di Los Angeles e altre quattro proprietà immobiliari a South Los Angeles, Inglewood, un ranch con tanto di hangar privato per aerei in Georgia e una villa alle Bahamas, quest’ultima in comproprietà con la Khan, guerriera del mondo queer.
Le attiviste avevano iniziato la loro corsa agli acquisti immobiliari a Los Angeles nel 2016. Poi ad entrambe è caduto il tetto in testa, dopo la prima inchiesta del New York Post che aveva portato alla luce i curiosi affari nel mattone conclusi dalle più marxiste e anticapitaliste delle attiviste americane: incrociando i dati fiscali e di alcune società, il quotidiano ha sempre scoperto i passaggi di proprietà.
Tutto alquanto insolito per un’organizzazione che nasce con fini caritatevoli – per aiutare i neri vittime dei bianchi – e senza scopo di lucro. Considerando anche, per esempio, che i genitori di Michael Brown e Breonna Tyler, due ragazzi afroamericani morti per mano di agenti di polizia bianchi e quindi, tendenzialmente, eroi della resistenza nera, hanno rilasciando interviste nelle quali denunciavano che “l’organizzazione non ha fatto niente per aiutarci economicamente, neanche per le spese legali”.
Cullors ha sempre negato di aver distratto fondi dalla fondazione per utilizzarli a scopi personali, ma l’assenza di trasparenza così come le sue dimissioni – appena dopo lo scandalo – da ruoli direttivi nella fondazione non ha fatto che rinfocolare le voci.