Oggi prendo la parola in difesa dell’Euro. Ma intendo l’euro numero tre. Quello che costerà carissimo a 13 milioni di italiani, un quarto della popolazione attiva. Che da gennaio saranno vittime di una patrimoniale occulta, sulla povertà.
Euro 3 – infatti – è la categoria delle macchine (una su tre del parco auto degli italiani!) che presto diventerà il pretesto per una enorme rottamazione coatta. Mentre questa “patrimoniale” indiretta – quotazioni di listino di Quattroruote alla mano – costerà alle famiglie povere un prelievo forzoso che va da mille a quattromila euro a testa (la cifra di valore distrutta dal provvedimento) e una spesa obbligata da cinque a diecimila (quello che serve per comprarmene una nuova). Un capolavoro, una mazzata inferta con la solita burocratica irresponsabilità.
È davvero curioso: proprio nell‘anno in cui destra e sinistra si sono riempite la bocca di impegni contro la povertà, nel nome di una presunta emergenza ecologica, si fa pagare a tredici milioni di italiani una doppia tassa mascherata, sulla loro condizione economico-sociale, senza che nessun politico dica una sola parola. Senza dibattiti, senza valutare gli effetti.
Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto annunciano di comune accordo (seguite da Roma e Lazio per conto loro) lo stop indiscriminato a tutti gli autoveicoli che fino a ieri circolavano legalmente. Numeri incredibili: un terzo del nostro parco auto attualmente circolante (37 milioni di veicoli) è a rischio da subito. Gli euro 4 seguiranno in due anni. Parliamo di 13 milioni di macchine (o furgoni) che non si potranno di fatto più usare, da un giorno all’altro, pena il rischio di una salata e reiterabile multa (80 euro a constatazione) per tutti.
La cosa incredibile è che per un effetto depressivo per ora la guerra al diesel sta producendo il calo di tutto il mercato. Ma il punto di iniquità riguarda i diritti e la condizione di chi una macchina l’ha comprata già. Parliamo di pensionati che non hanno i soldi per comprare una auto nuova e percorrono pochissimi chilometri l’anno (quindi inquinano pochissimo). Di ragazzi, di famiglie, o pendolari a basso reddito che hanno potuto dotarsi di un’auto solo sul mercato della cosiddetta “seconda mano”. Sulla testa di questo popolo, dalla mattina alla sera si abbatte questa tassa, senza nulla in cambio: senza incentivi, senza un piano traffico, senza alternative. Per Piemonte, Lombardia e Veneto (metà del paese a quattroruote) il bando colpirà dal gennaio 2019 le vetture Euro 0, 1, 2 e 3 a gasolio. Secondo l’accordo di programma sulla qualità dell’aria nel cosiddetto “bacino padano”, ci saranno blocchi della circolazione auto solo per il diesel. Le prossime tappe, prevedono il blocco delle Euro 4 (a prescindere dal fatto di essere dotati o no di filtro antiparticolato) entro il 2020 e delle Euro 5 (immatricolate teoricamente tra il 2011 e l’agosto 2015) entro il 2025. In Emilia-Romagna, il sono è addirittura già scattato il 1 ottobre.
La prima domanda è: si può accettare una violazione così plateale del diritto di proprietà? Una norma di questo tipo può essere decisa dagli enti locali? Se parto da Reggio Calabria e arrivo a Milano in alcuni comuni sono nella norma e in altri un fuorilegge che deve pagare un fiorino? Legislazione da neurodeliri.
Senza – non dico averlo attuato – ma nemmeno aver ipotizzato un piano straordinario del trasporto pubblico? Si può farlo senza preavviso (visto che ottobre è già passato e gennaio è dietro l’angolo)? Non voglio nemmeno addentrarmi nel discorso sulla presunta tossicità del diesel (anche se lo contestano, con ottimi argomenti, studi di serissimi) né sul costo più alto delle alternative (se avessi da 30mila a 60 mila euro e le colonnine per rifornire che non ci sono comprerei subito una elettrica).
Dico solo che se io con l’auto ci vado al lavoro, ci campo, ci sfamo la mia famiglia, ci risolvo il mio problema di mobilità (dove lo Stato latita), nessuno può cambiarmi le regole del gioco sotto il naso mentre il campionato è il corso. Nessuno può violare il mio diritto di proprietà ex post. Se devo vendere o buttare l’auto con cui vado al lavoro entro gennaio, nessuno può impormi una spesa (da quattromila euro o in su) per sostituire la mia auto, quando vuole lui.
Parliamo da mesi del reddito di cittadinanza, e poi chiediamo alle famiglie di ricomprare 13 milioni di nuove auto messe fuori legge con un comunicato stampa?
Qui si mettano le ganasce bollate alle ruote delle macchine di chi guadagna meno. Io non voglio uno Stato che si finge virtuoso ed ecosostenibile con i soldi degli altri. Sulle teste degli italiani, stiamo passando dal dibattito sul reddito di cittadinanza a quello sul salario di mobilità: e il bello è che – sia per il primo, che per il secondo – la soluzione è euro zero.
Luca Telese, 4 ottobre 2018