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Blocco sfratti: la differenza tra Italia e Usa

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In questi giorni si sta parlando molto, anche in Italia, della sentenza con la quale la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato illegittima la moratoria degli sfratti decisa dall’amministrazione Biden. Nancy Pelosi, la Speaker della Camera, è arrivata a parlare di “orrore” e di sentenza “arbitraria e crudele”. Frasi demagogiche, non c’è dubbio, ma molto meno di quanto lo sarebbero se a pronunciarle fosse stato un esponente politico italiano nei riguardi del nostro blocco sfratti.

Negli Usa, infatti, la moratoria è stata accompagnata dallo stanziamento di addirittura 46 miliardi di dollari per il sostegno al pagamento dei canoni di locazione (oltre che dei mutui). Una cifra immensa. In sostanza, a una misura evidentemente limitativa dei diritti dei proprietari se n’è affiancata un’altra finalizzata ad attenuarne gli effetti negativi, compensando i locatori per i canoni non riscossi.

È tutta qui la differenza con l’Italia. Da noi, il blocco – iniziato il 17 marzo 2020, previsto fino al 31 dicembre 2021 e di fatto in essere anche per la parte di casi sulla carta sbloccati dal primo luglio – è una misura a totale carico dei proprietari degli immobili, dal carattere sostanzialmente punitivo (per quali colpe, non è dato sapere). Questi ultimi, infatti, sono stati privati del loro bene, del loro reddito e non hanno ricevuto alcuna forma di risarcimento. L’unica “concessione” è stata quella di esentarli dal pagamento dell’Imu 2021, dopo che si era pretesa l’imposta relativa al 2020. Peraltro, si badi bene, la maggior parte degli sfratti bloccati riguarda mancati pagamenti (spesso di anni) ben precedenti alla pandemia.

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