Dopo il tragico c’è il patetico ma dopo il patetico che c’è? Lo scopriremo solo vivendo le avventure di questa coppia scoppiata, deflagrata, che allo scintillio del potere sostituisce la polvere delle carte bollate. Perché finisce sempre così, 24mila baci prima, altrettante denunce poi. Oggi tocca al ministro ingenuo o di ingenua tracotanza, convinto che il potere rendesse impermeabili salvo scoprire che rende invece maledettamente vulnerabili. Già, era cominciata alla luce del sole e di una comica sindrome di onnipotenza: lui, trottolino amoroso che con iattanza esibiva una a detta di tutti ferocemente determinata ad entrare nel giro e a restarci, attratta come una falena dalle luci della ribalta e che ribalta.
Ma Sangiuliano niente, la coinvolgeva in tutto, le affidava tutto, condivideva tutto con questa arrampicatrice salita dagli scavi pompeiani, che un po’ amava e un po’ filmava, aggirandosi per ministeri con gli occhiali della realtà intelligente, quelli per filmare, una Mata Hari alle cozze. Pareva una cosa da ridere, una spy story alla Franco e Ciccio, e chi se l’aspettava il colpo di scena, clamoroso e quasi inquietante? Una sconosciuta che d’un tratto tiene per le palle un ministro, lo sputtana, lo ricatta, si mette a litigare con tutti, perde completamente il senso della realtà, se mai l’ha avuto, il ministro che ammette, si scusa, si prostra, si scioglie in pianto al telegiornale, ecco l’ingenuità tipica della destra moralistica e parvenu: un comunista mai arriverebbe a scusarsi, casomai rivendica, sfoggia ancor più arroganza, si tratti di profumi fatti sparire nella tasca della giacca o disastri ambientali provocati da un’inerzia amministrativa non del tutto spontanea, non così irresponsabile: soldi che spariscono, che non vengono spesi, così se ne possono chiedere ancora, a pozzo sfondato e insieme si può tenere in piedi la menzogna dei cambiamenti climatici dovuti all’uomo (solo bianco, patriarca e occidentale, sia chiaro), quando l’unica responsabilità umana, o disumana, è quella di certi amministratori inetti o marpioni. E se ne vantano, pretendono di zittire, “nessuno si permetta lo sciacallaggio” se uno gli chiede conto, come è suo dovere, delle centinaia di milioni da destinare ad opere di cui niente si è saputo.
Sangiuliano trottolino disperato ora piange, la ex si esalta e piroetta per i media, per studi televisivi, per feticci del potere come una posseduta. Magari scappa all’ultimo, come dalla Berlinguer, ma è chiaro che si gode la sua discutibile notorietà, una fama stracciona, subito famigerata, e siamo già al patetico. Con la denuncia di lui si va oltre, ci si avventura in territori ignoti ma potenzialmente distruttivi: il cittadino che ancora ragiona non crede a ciò che sente e pensa: ma con una guerra alle porte, in cui cerchiamo peraltro fortissimamente di infilarci, questi qua trovano il modo di degradarsi così? E gli prende un brivido, al cittadino plebe, se scopre che lei menava lui, bernoccoli e cerotti, mazzate concrete e gravidanze presunte, bulimica di sempre più visibilità, sempre più potere, sempre più retroscena e finalmente si capisce perché: voleva farne un bene rifugio, queste sanno sempre come va a finire e puntano a tutelarsi.
Ma si può vivere così? Capace di scatenarsi a colpi di trojans, quei programmini velenosi da infilare nel telefono per carpirne i segreti. Cosa sa questa cacciatrice di fama e di gloria, a detta di tutti quelli che l’hanno incrociata, per primo l’ex marito, cosa potrebbe scoperchiare? Finora si è limitata ad alludere tra una maldestra ospitata e un selfie davanti al Senato, la tazzina di caffè, lo strazio canterino, i pedinamenti avvilenti. Una sulla quale escono di continuo imprese di sapore perfino infantile, i curriculum ricamati, gli incarichi leggendari, roba in cui i cronisti de la Verità, che ne fanno una cosa quasi personale, inzuppano il biscotto ogni giorno. Di ambiziosi, di avventurieri non ne sono mai mancati dai tempi di Eva, non esiste potere che non abbia le sue cortigiane, Taide (nessuna allusione mirata, sia chiaro), Dante la mette non tra i lussuriosi ma in mezzo agli adulatori.
Ma è la prima volta che tutto si squaderna in modo tanto inverecondo e perfino violento: nessun ritegno, nessun ripensamento, rimorso o imbarazzo, al punto che è facile fantasticare: questa da dove esce? Chi la pilota? C’è chi ipotizza un ruolo di cavallo di Troia della sinistra: ma il cavallo che c’entra? Per dire, non è superfluo? Non ha già la sinistra dell’eterno potere e dell’eterna arroganza abbastanza mezzi ed esperienza per infiltrare, per indebolire questi parvenu che sente come usurpatori, che non accetta e non ne fa mistero? Non ha questa sinistra inconsistente fin che si vuole ma rotta a tutte le malizie l’appoggio della magistratura, di gran parte dell’informazione, dell’Unione Europea, del Colle, dell’intreccio di ambienti e di poteri che contano davvero, davvero le serve questa stagionata ragazzona dall’espressione vagamente castorina, da presunta belloccia della megaditta di Fantozzi?
Sì, tutto oltre il patetico e magari il grottesco, ma è scioccante apprendere come gira la politique d’abord, per dire il potere sommo, sopra ogni cosa, ai nostri tempi. Qualcosa a metà tra l’immaturo e l’alienato, da qualsiasi prospettiva la guardi. Dice ancora il cittadino plebe, sempre più disilluso e distante: se esce tutto questo, se lasciano che emerga questa farsa, chissà quello che non ci dicono. E tutto sommato pare ancora una storia leggera, di ripicche e di vanità, di lacrime napoletane e di melodramma. La banalità del peccato, senza alcuna grandezza di peccato. Ma è davvero tutto qui? Può darsi benissimo che sgorghi d’altro e di peggio, anche se a questo punto diremmo che a farsi maggior male, sembra strano, non è il piccolo ministro dalla grande prosopopea punita: ha già dato, si è umiliato come peggio non si potrebbe, ne esce masticato e sputato, lo ricicleranno in Rai, a quanto si dice, ma almeno sta dimostrando di avere imparato qualcosa: sparito dal radar, zitto, vivaddio, uno ripulito da certa strafottenza, uno che aspetta la bufera si plachi. Lei no. Lei insiste e si sta divorando da sola. Non si capisce, nessuno ha capito cosa sia in effetti capace di fare, in tutti i sensi, e nessuno ha capito come un personaggio tanto banale, da feuilleton, sia riuscito ad arrivare nel sancta sanctorum.
Ma la compulsione ad apparire, nutrita forse di mitomania, quella incapacità di lasciare la scena almeno per un’ora, la stanno annientando. Che è come dire che si sta autodistruggendo. È vero, il cittadino plebe si diverte per indignarsi, ma fa presto a stufarsi: “Dammi qualcosa” pensa il cittadino plebe “o non otterrai niente”. Questa Boccia è sbocciata per farsi subito bocciare, troppo egolatrica, troppo esagerata perfino per questi tempi liquidi, di liquame influencer. O tira fuori qualcosa di veramente esplosivo – ma ce l’ha davvero? O si limita a far le pulci alla concertista Beatrice Venezi? – o sparisce dal radar come una che si è spremuta troppo in fretta. Una che ha stufato o, per dirla come va detta, ha rotto le palle. Non servirà neppure farla inghiottire dalle sabbie mobili del potere, sta facendo tutto da sola.
Nessun carisma e sintomatico mistero, solo una figura ogni giorno più tragicomica, straziante, ansiogena, ma per cosa? Troppo tardi per diventare una Margaretha Geertruida Zelle, una Nancy Wake, una Luisa Zeni, che almeno tramavano per una causa, o più modestamente una Chiara Ferragni. Ecco cosa viene dopo il tragico ed il patetico: viene la noia, la saturazione da uggia, che è l’unico peccato che la società dello spettacolo non ti perdona. E poi, non è nemmeno bella.
Max Del Papa, 21 settembre 2024
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