Il bidone della spazzatura “ticchetta” come una bomba a orologeria per molti Paesi del terzo mondo. Soprattutto in Africa, dove la larga maggioranza della popolazione non ha accesso ad alcun sistema di raccolta differenziata per i 166 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che produce ogni anno, di cui 42 milioni solo nella parte nord.
Il problema della gestione dei rifiuti è stato affrontato al vertice della Coop28, appena concluso a Dubai con un accordo di compromesso tra i signori del petrolio e l’Occidente che sognava l’addio ai fossili. A prendere la parola per l’Italia sull’allarme rifiuti in Africa è stata anche A2A, selezionata dal ministero dell’Ambiente guidato da Gilberto Pichetto Fratin per condividere la propria esperienza.
La pattumiera, nel continente africano, si traduce infatti in un potenziale allarme sanitario, visto che il 90% dei rifiuti viene conferito indistinto in discarica o, ancora peggio, abbandonato in depositi irregolari, con potenziali danni al terreno e alle falde acquifere. Senza contare che ogni anno 11,5 milioni di tonnellate di plastica sono smaltite in modo irregolare soprattutto in mare, e che il 9% dei rifiuti viene bruciato all’aperto. Tanto che il particolato nell’aria supera di 20 volte i limiti fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità.
I numeri emergono dallo studio “Il Nord Africa e la sfida della gestione sostenibile dei rifiuti: la proposta di un modello industriale” predisposto da The European House – Ambrosetti in collaborazione con la stessa A2A. E il suo amministratore delegato, Renato Mazzoncini, ha appunto preso la parola a Dubai per accompagnare i presenti nel caso Lombardia, dove grazie all’alto tasso di raccolta differenziata, nessun rifiuto finisce in discarica ma tutto viene recuperato sotto forma di materia o di energia.
Mazzoncini ha sottolineato come la gestione sostenibile dei rifiuti sia una vera ”sfida strategica” soprattutto in Africa ma in generale per l’intera area del Mediterraneo e l’Europa. Nel continente africano, ha proseguito, “la quasi totalità dei rifiuti viene conferita in discarica con impatti ambientali devastanti. L’adozione di un modello industriale efficiente improntato all’economia circolare consentirebbe di migliorare la qualità della vita delle persone e di supportare lo sviluppo sostenibile di questi territori. C’è un gap impiantistico enorme da colmare”. Basta pensare che quasi un terzo dei rifiuti urbani prodotti in Egitto, Tunisia, Algeria, Libia e Marocco potrebbe essere utilizzato per il recupero energetico: questo permetterebbe ottenere 10 TWh di energia elettrica ma soprattutto di evitare 23 miliardi di euro di danni ambientali e di tagliare di 30 miliohi di tonnellate le emissioni di CO2.
A rendere urgente intervenire è poi l’esplosione demografica dell’area: nel 2035 l’Africa sarà abitata da 1,8 miliardi di persone (+32%) destinate a salire poi a 2,5 miliardi nel 2050 da 2,5 miliardi. Insomma, la situazione promette di diventare insostenibile. Ecco perchè l’Italia, che è uno dei Paesi più avanzati in Europa per gestione dei rifiuti, può dare una mano. Appunto con l’esperienza di A2A: non per nulla la raccolta differenziata (64% a livello nazionale) è proprio in Lombardia (73%) e a Milano (69%) dove tocca l’apice anche per grazie all’alto tasso di recupero energetico (26% e 31%). Insomma un modello che, correttamente esportato, potrebbe avviare realtà come come Algeri, Alessandria d’Egitto e Tunisi in un virtuoso percorso di economia circolare.