Bonaccini ci risponde sul Pci. Ma prende un granchio

Il doppiopesismo del candidato Pd sulla storia del Msi e del Pci. Gli rispondiamo

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Caro Stefano Bonaccini, su una cosa non possiamo darle torto: il Pci è stato e sarà sempre una parte importante della storia politica italiana. Non solo perché, per decenni, ha rappresentato sistematicamente un terzo degli elettori italiani, ma anche perché ha combattuto la dittatura fascista; ha redatto la Costituzione del 1948; ha combattuto il terrorismo degli anni di piombo; è stato il più grande movimento rosso europeo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Insomma, sarebbe ipocrita non riconoscere al Pci quella forza, sia popolare che parlamentare, che lo contraddistinse dal 1946 fino all’anno della sua dissoluzione, il 1991 (guarda caso anche l’anno della fine dell’Unione Sovietica).

https://twitter.com/NicolaPorro/status/1608517435576958976?s=20&t=VvMNBZ2Q-G4fiuF0Y52b6g

Eppure, gli scheletri nell’armadio rimangono, e sarebbe altrettanto errato cercare di assolverlo in toto, senza riconoscerne le pericolose fondamenta ideologiche, che ritrovarono il proprio humus nella sanguinaria e autoritaria Urss.

Per approfondire:

Nell’articolo di cui sopra, facevamo notare la presenza di un intramontabile doppio-pesismo politico, incapace di equiparare due movimenti che fondavano su una struttura sociale intrinsecamente anti-liberale ed anti-democratica: il fascismo ed il comunismo. Notavamo, infatti, che se il Movimento Sociale Italiano risultava essere la naturale conseguenza della Repubblica di Salò; dall’altra parte, non potevamo non affermare che il Pci fosse nato sulle onde del comunismo sovietico. Ergo, del comunismo di Lenin, per poi abbracciare Stalin, fino ai tempi recentissimi con la caduta del Muro di Berlino.

Era la stessa prima pagina de L’Unità nel 1953, anno della morte di Stalin, a celebrare “gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità“. O ancora, fu lo stesso Pci di Togliatti che per anni cercò di insabbiare l’orrore delle Foibe; fu lo stesso Pci a schierarsi favorevolmente all’ingresso dei carrarmati sovietici in Ungheria nel 1956; fu lo stesso Pci ad essere il movimento finanziato direttamente dal Kgb. Insomma, la storia era ben definita e attingeva la propria ispirazione da Mosca.

Non si può certo negare il ruolo dell’Urss nella guerra contro i nazisti e nella liberazione degli ebrei dal campo di concentramento di Auschwitz. Ma non si dimentichi lo spartiacque che portò Hitler a convincere di poter conquistare indisturbato il nostro continente: il patto tra nazismo ed Unione Sovietica. Un reciproco accordo di non aggressione, poi tradito dalla fallimentare campagna lanciata dal Terzo Reich in Urss, e che è sempre stato negato da un imbarazzato Josip Stalin.

Ebbene, anche in questo caso non si può sfuggire dalla storia. La luce del Pci è sempre rimasto il Partito Comunista sovietico, lo stesso movimento che portò il regime a causare il genocidio in Ucraina, e su cui gli storici stimano almeno 4 milioni di morti. Tanto per fare qualche paragone, gli orrori dei nazisti causarono la morte di circa 6 milioni di persone. Ma anche in questo caso, il Pci cercò di stemperare gli animi, attraverso una intrinseca incapacità di riconoscere gli errori – anzi, gli orrori – della dittatura di Mosca.

Il punto cruciale è quindi il seguente. Sia i partiti di origine fascista che quelli comunisti non puntavano alla nascita di una struttura statale e democratica: il fine era quello di sostituire un regime con un altro di colore politico opposto, dando come conseguenza lo stesso risultato, ovvero l’abbattimento delle libertà individuali.

Come lei ha giustamente ricordato, il Pci si è sempre schierato contro le violenze extraparlamentari degli anni di piombo. Un comportamento, però, applicato allo stesso modo anche dai vertici del Movimento Sociale Italiano. Ed è proprio da ciò che Giorgia Meloni ha specificato come il Msi sia riuscito a trasportare nella democrazia migliaia di italiani, usciti sconfitti dalla guerra mondiale e dalla guerra civile. Ed è partendo da qui che la premier ha ricordato le dure parole di Almirante contro i terroristi neri: “Doppia pena di morte ai terroristi di destra“.

Da liberali, non ci sogneremmo mai di mettere il bavaglio ad un uno per preferire l’altro. Anzi, il gioco democratico prevede che l’avversario politico – come ricordava Margaret Thatcher – debba essere battuto alla luce del sole, con il dibattito ed il confronto, senza cercare di escluderlo anticipatamente prima che arrivi sul ring. Tutto ciò differenzia la democrazia da un regime autoritario: in nome della libertà di espressione, il diritto di parola viene garantito anche al peggior nemico. Proprio questo ha distinto la Repubblica rispetto alla precedente tragedia fascista. E proprio questo, checché ne dica la sinistra, distinguerà la democrazia dalla dittatoriale, dalla sanguinaria e dalla totalitaria Unione Sovietica.

Caro Bonaccini, noi non criminalizzeremo mai la scelta di farsi immortalare con la bandiera rossa falce-martello; così come non squalificheremo La Russa per aver compiuto apprezzamenti sulle proprie origini, quelle del Movimento Sociale Italiano. Ci opporremo a queste visioni del mondo con il mezzo della penna, pur sempre riconoscendo la loro libertà politica e di espressione. Quella stessa penna che è valsa la morte per gli oppositori ai regimi comunisti.

Matteo Milanesi, 2 gennaio 2023

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