Cultura, tv e spettacoli

Bortone-Rai, ma quale “punizione”: il programma è stato un flop

“Che sarà” non sarebbe stato confermato nel palinsesto 2024/2025. La sinistra insorge: “TeleMeloni esiste”

serena bortone rai

Tutto mi sarei aspettato nella vita, mai di vedere una comparsa del presepe, questa Serena Bortone, diventare la nuova avanguardia resistenziale del Pd. Siccome pare non le venga confermato il programmino e allora non si sa che fine fa, altra fascia oraria? Altra rete? Tutti che si stracciano le vesti, è regime, è inaudito, senza minimamente curarsi di nascondere la vera ragione: così perdiamo uno dopo l’altro gli strumenti del nostro controllo nella comunicazione pubblica, di Stato. Da cui l’accusa fatale di teleMeloni.

Ma teleMeloni non c’è, c’è un potere, se volete un regime, che come ogni regime imbarca i suoi, i Pino Insegno e compagnia cantante, e non solo in Rai, anche nei giornali, si capisce, ma avendo cura di tenere gli altri, all’insegna del “tutti dentro” che un tempo si chiamava consociativismo, democristianismo, inciucismo. Fin che è possibile. Certo che se poi gli altri mollano, atteggiandosi a Matteotti, a Gramsci, dopo avere cercato l’incidente a tutti i costi… Se costruiscono lo scandalo avendo già pronto un contratto con altre televisioni o col partito, via Europarlamento…

“Inaudito, vergognoso, dovete spiegare in Parlamento”, tuonano in modo comico Angelo Bonelli e Pina Picierno, e non gli importa di marchiare pesantemente una che, fino a illusione contraria, a perbenismo di facciata almeno verso il pubblico, dovrebbe stare al servizio del pubblico e dell’azienda pubblica. Ma tanto il pubblico ha capito da quel dì e non si sconvolge più di niente. Dice questo pubblico ormai disilluso ma soprattutto annoiato: come? Quando lo facevate voi andava bene e adesso vi stracciate le vesti? Ma in che modo la mia vita migliorerebbe tenermi una dei vostri anziché uno dell’altra parte? Se ne frega, il pubblico, queste escandescenze sono il solito gioco autoreferenziale, un riflesso condizionato, una mania, tutto ma non fatelo passare per rappresentanza popolare, per scrupolo popolare.

Tutto mi sarei aspettato nella vita, mai di vedere la sinistra appesa ai suoi pastorelli di sfondo, le Bortone, i Saviano, i Fazio che emigrano in carovana. Non si capisce bene perché “teleMeloni” e gli altri network, allora, non “teleSchlein”. Ma questa affabile Bortone, martire di giornata dell’antifascismo, per epurata che sia, che si voglia credere, ci ha messo molto del suo. A parte le provocazioni, continue, crescenti, per cui nessuna rete di Stato al mondo se la sarebbe ingoiata, a parlare, anzi a fare un gran silenzio, sono gli ascolti: il suo programma ha avuto una media matematica del 3,9%, una media ospedaliera, e già veniva da precedente performance che, unico caso nelle emittenti di Stato di tutto il mondo, le era valsa una promozione. Perché in Rai se non ti guarda nessuno è capace che ti premiano, ti consolidano.

Dai, su: ci vuole la comicità involontaria di Repubblica, che non diverte i lettori in esodo, per scrivere che “l’epurazione” di quest’altra campionessa del non visto aggrava la situazione della Rai “già in forte crisi di ascolti”. Come a dire che, se un prodotto non lo compra nessuno, toglierlo dalla circolazione è scriteriato, bisogna insistere sino a fallimento definitivo, a catena. Ma questa non primaria Bortone, con tutti i contorcimenti del caso, nessuno ce la toglie. Adesso, se vuole, torna nella fascia primigenia, che forse le è più compatibile, cioè fa meno danni. Quanto alla fascia serale, “in sostituzione”, come direbbe il professor Guidobaldo Maria Ricciardelli, trasmetteremo una striscia dal titolo “Dal Manganello al Reno” a cura di Ilaria Salis su come passare dal centro sociale e i tuguri dell’Aler (a scrocco) al falansterio di Bruxelles.

Ma sempre questa pretesa di imporsi a dispetto dei risultati? Ma chi sarebbero poi queste, questi che se la tirano maledettamente da padreterni, che si fanno massaggiare i piedi, mandano i servitori a fare la spesa, hanno licenza di insulto e di prevaricazione, anche di star sui coglioni al risicato pubblico, restando nella convinzione vagamente paranoica che per le loro mediocri, snobbate propagande, per i loro servizi militanti o semplicemente insulsi passi la sopravvivenza del Paese? Non c’è teleMeloni, c’è anche in televisione il “tutti dentro” che serve a chi lo pratica ma non al Paese e a chi lo guarda.

La verità è che c’è in giro molta, troppa gente che cinquant’anni fa, quando oltre al nepotismo e al clientelismo sopravviveva una residua dignità professionale, in Rai difficilmente sarebbe durata, e la sinistra si agita nell’eterna doppia morale che origina l’eterna pretesa: liberi di strisciare per il padrone organico, liberi di contorcersi contro quello avventizio. I mammasantissima della sinistra non si tengono, “è scandaloso, la misura è colma”. E non si accorgono di catalogare una conduttrice non per una professionista dello spettacolo, ma, banalmente, per una loro raccomandata. Certo, funziona così, va così, ma non è un bell’andare.

Max Del Papa, 20 giugno 2024

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