Venerdì scorso, durante L’Aria Che Tira, condotto su La7 da David Parenzo, è stato trasmesso in diretta il tentativo da parte di una folla di giovani scalmanati di forzare un cordone della polizia con l’obiettico di entrare, con scopi chiaramente ben poco pacifici, nella sede del Politecnico di Torino. In un fritto misto di rivendicazioni, con al centro il decreto sicurezza e la questione palestinese, sembra che questi amanti del “progresso” abbiamo anche tirato sassi e uova contro i poliziotti, rei evidentemente di fare il loro dovere.
Ebbene, nel commentare l’accaduto, la celebrata filosofa e docente universitaria Rosi Braidotti ne ha approfittato per attaccare l’attuale governo, sostenendo che quest’ultimo starebbe da tempo imponendo una inaccettabile linea repressiva a base di manganello. Dopodiché questa molto sinistra luminare, i cui libri, come ha tenuto a sottolineare Parenzo, sarebbero stati tradotti i 26 lingue, ha rinverdito i fasti ben poco lusinghieri di un certo qual giovanilismo sessantottardo, che sfociò nella tragica stagione degli “anni di piombo”, dichiarando senza se e senza ma che i giovani che protestano hanno sostanzialmente ragione a prescindere, in quanto “rappresentano il futuro del mondo”.
Ebbene, questa ennesima apologia delle violenze che stanno caratterizzando da tempo molte frange delle ultime generazioni dei cosiddetti compagni che sbagliano, ci richiama alla mente un passaggio di un interessante libro, scritto guarda caso da due sindacalisti dell’epoca – Francesco Di Giorgio della Cgil e Giuseppe Gentile della Cisl – dal titolo assai esemplificativo: “La Fiat e gli anni di piombo in provincia di Frosinone”, pubblicato nel 2009 e riproposto recentemente dall’editore di Cassino Francesco Ciolfi.
In particolare, il capitolo “I Cattivi Maestri” si addice perfettamente al ragionamento della Braidotti, comodamente seduta su una poltrona universitaria di Utrecht, uno degli atenei più antichi dei Paesi Bassi. Nel testo, come riporta una efficace sintesi di Giuseppe Brienza su formiche.net, “I Cattivi Maestri degli “Anni di Piombo”, secondo gli Autori, sono quindi quei maître à penser che dietro il paravento delle teorie elaborate da Herbert Marcuse, al di là dei fatti penali, sono da ritenere moralmente più responsabili degli altri, vivono una vita tranquilla. Addirittura molti di essi sono inseriti nei gangli vitali della vita sociale e politica dell’Italia di oggi”.
In estrema sintesi, questi “Cattivi Maestri”, usciti dal nulla durante il tormentato periodo della contestazione, nel libro in oggetto vengono condannati senza appello come “spargitori del seme della violenza”.
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Tuttavia, ad ascoltare i ragionamenti della Braidotti e di moltissimi suoi colleghi di pensiero, per così dire, sembra che, soprattutto quando governa la destra brutta sporca e cattiva, la storia non sia affatto maestra di vita, ricadendo nello stesso loop, o inganno mentale che dir si voglia, con il quale si continuano machiavellicamente a giustificare mezzi assai violenti per un fine che si presume ispirato ad un principio assoluto di giustizia.
Qualcosa di simile all’atteggiamento di tutti quei compagni che, di fronte ai crimini del comunismo, sostenevano che i suoi presupposti fossero corretti e socialmente desiderabili, solo che erano sempre stati applicati male.
Claudio Romiti, 16 dicembre 2024
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