La sinistra è in evidente crisi mentale. Se la Meloni parifica o aumenta, non si è capito bene, le accise sul gasolio, Fratoianni insorge sdegnato, ma fa parte del suo programma; se Giorgetti si fa scappare un imminente, criminale, autolesionistico aumento generale delle tasse dice una cosa di sinistra, anzi di estrema sinistra ma essa sinistra si contorce come uno della razza padrona o “cimice borghese” come il compagno Gramsci definiva i capitalisti. Spiegando che “andavano schiacciati”.
La sinistra sempre meno di lotta e sempre più di adeguamento, di sopravvivenza arriva a battaglie moralistiche di pura rassegnazione: non più l’aumento dei salari ma il mero mantenimento, posto che “sono i più bassi d’Europa”. Lavorare di meno senza guadagnarci un centesimo? Questa non l’avevamo ancora sentita, ma “Frato” non ha dubbi e ci fa tanto di video, sull’ammiccante patetico, “vedete questi fogli? Sono la nostra proposta di legge”; e passa a bestemmiare gli dei dell’operaismo al quale giustamente non sente di appartenere: “Nel nostro Paese si lavora tanto, si lavora troppo: quasi 300 ore in più dei lavoratori e delle lavoratrici tedesche ad esempio e con stipendi molto ma molto più bassi ed anche con meno produttività”. Al che uno si aspetterebbe fuoco e fiamme secondo i cari, vecchi deliri sindacalisti da prima Repubblica, “il salario come variabile indipendente del lavoro”, delirio suicida cui la Dc egemone si piegava, anzi arrivava a teorizzarla nella sua componente cattocomunista.
Il duo di impresari Fratoianni-Bonelli ha altre idee, e suonano perfettamente in linea con il postliberismo tecnologico trionfante: “Allora ridurre l’orario di lavoro a parità di salario significa redistribuire il lavoro, affrontare le sfide delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale, della conversione ecologica, ma soprattutto significa restituire un po’ di tempo a tutti e a tutte. Significa liberare un’ora, un giorno in più per te, per tutti e tutte voi. (…) Oggi invece per molti e molte questo non è più possibile: i ritmi sono diventati forsennati, senza neanche più lo spazio per poter respirare. È una proposta che distribuisce il lavoro e che restituisce tempo di vita a tutti e a tutte”.
Le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale? Questa sì che è bella: la sinistra nostalgica scopre i salti nel futuro, si affida, per difendere il lavoro che resta, agli strumenti che finiscono di distruggerlo. Sì, l’appello, naturalmente rivolto “a tutti e tutte”, alla felicità terrena possibilmente senza faticare, secondo vulgata tradizionale comunista del far poco e male, fa molto utopia positivista, ma nessuno sotto il rosso cielo stellato si era spinto ad un simile salto della quaglia: gli stessi brigatisti rossi sottovalutano la robotica che li metteva in fuori gioco, che aveva già cominciato a svuotare da dentro la classe operaia, ma almeno ne diffidavano come di strumenti demoniaci, distruttivi. Un po’ come il vecchio Pci con la televisione a colori.
Invece il Frato preferisce il Grande Fratello, per dire la narcosi narcisistica indotta dai feticci della post modernità che ha praticamente vampirizzato qualsiasi coscienza di classe e perfino l’idea stessa di proletariato bene o male fondato sulla presunzione favolistica del vecchio Karl e brutalmente degenerato: dal “lavoro veramente libero, antitetico, oggettivazione/realizzazione del soggetto” del sociologo di Treviri, al “lavoro di merda” degli Autonomi del veneto Toni Negri, fino alla consacrazione dello sfruttamento postulata dal marxismo da villaggio vacanze di Fratoianni. Ma il capo di Avs che ne sa? La sinistra inconsapevole dei propri fondamenti moralistici oggi è puntata non sulla giustizia sociale, tanto meno proiettata sull’assalto al cielo, ma su una protesta estetica; dire no a tutto, rifiutare il sistema sperando di entrarci, di bivaccarci.
Chiaro che uno su mille ce la fa, e a fare la differenza è il curriculum giudiziario, ma fa specie questo gioioso cupio dissolvi, tipico di chi si gode la vita forse perché è arrivato al budget familiare, 15mila euro a testa lui e la compagna onorevole moglie, senza lavorare un giorno, sull’onda della demagogia. Intendiamoci, la proposta di Fratoianni volendo si può discutere, è senz’altro vero che il liberismo post sanità mentale gioca sulle alienazioni, che il troppo di tutto non lascia scampo, che gli infarti e le paranoie servili da “operativo acca 24”, per dire sempre connesso, sempre a disposizione, stanno producendo la mutazione genetica da umano a umanoide, a robot, a macchina pilotata da altre macchine: ma pretendere di uscirne grazie ai dispositivi che inducono tutto questo!
La verità è che la sinistra è in panne. I suoi mammasantissima campano alla grande “senza fare un cazzo”, come ringhia qualche compagno più lucido sotto al video “signora mia” del responsabile della succursale piddina Avs, ma a livello politico non sanno leninisticamente che fare, i campi larghi sembrano quelli dell’Emilia Romagna sotto al nubifragio, la qualità generale è imbarazzante, forse a Fratoianni l’idea di farli lavorare meno è salita considerando i suoi, i Soumahoro, le Salis che se si prende un po’ di riposo se ne giova subito il mercato delle locazioni. C’è comunque l’esigenza perenne di contarsi, di fare blocco con qualche trovata sempre nuova e sempre strampalata, questa “firmata anche da Giuseppe Conte, Angelo Bonelli ed Elly Schlein“. Che Pantheon!
Cosa sia rimasto del comunismo continuista e riformista, ossimoro tutto berlingueriano, è difficile dire, certo però che questi sono i becchini del vecchio costume del populismo rivoluzionario, irriconoscibile già nello stile, nella semantica confidenziale, seduttiva, vagamente effemminata: “C’è anche un diritto ad essere felici: non si può vivere per lavorare, si lavora per vivere, e per vivere bene. Per dedicarsi anche ai propri affetti, alle proprie passioni e ai propri desideri. Significa liberare un’ora, un giorno in più per te, per tutti e tutte voi. Oggi invece per molti e molte questo non è più possibile: i ritmi sono diventati forsennati, senza neanche più lo spazio per poter respirare… Eh si, è ora di dire anche in Italia che si può lavorare meno e vivere un po’ meglio”.
Pare il programma di vita dei Fratojagnez. “Eh, sì”, queste sono le facce del marxismo 4.0: non più il delirante, ma almeno ottimistico “fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia, senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico”, ovvero l’elogio marxista dell’improvvisazione avventuriera; ma un vagamente mesto, funereo godersi la disoccupazione indotta dalle trappole della tecnologia ultracapitalista in fama di tempo libero, di qualità della vita che coincide con il Festival di Sanremo. E poi vanno a sfilare coi tifosi di Nasrallah che vorrebbero tenere il mondo, riportare il mondo all’età del mulo.
Max Del Papa, 5 ottobre 2024
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