Appunti sudamericani

Brasile, la strana trasferta il giorno dell’assalto: Lula sapeva tutto?

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Ma Lula sapeva? 
Oltre 2mila bolsonaristi arrestati, il governatore di Brasilia, Ibaneis Rocha, allontanato dall’incarico per un periodo di novanta giorni, la polizia della capitale che sarà «ripulita» dal nuovo responsabile della sicurezza nominato dal ministro della Giustizia Flavio Dino, ovvero Ricardo Capelli, senza esperienza alcuna nel settore. Inoltre la possibilità che un paio di parlamentari bolsonaristi possano decadere dall’incarico al Senato e alla Camera perché fotografati durante la manifestazione dell’altroieri, sfociata nel disastro di Brasilia, oramai noto in tutto il mondo.

È questo il risultato politico disastroso dei bolsonaristi radicali ed il miglior commento è senza dubbio quello del giornalista Mario Sabino, su Twitter: «La folla bolsonarista voleva un colpo di stato, ma ha dato solo un pretesto. Sono tanto criminali quanto cretini». E mentre ieri alcune strade erano state di nuovo interrotte, due vicino agli stabilimenti Petrobras in Paraná e Mato Grosso, Brasilia da ieri circola la versione secondo cui Lula sapeva che i bolsonaristi che da due mesi chiedevano il golpe davanti alla caserma ci avrebbero provato con le loro mani proprio l’altroieri. Per questo Lula si sarebbe recato domenica ad Araraquara, città di 230mila abitanti colpita dalle piogge a fine dicembre a 280 km da San Paolo ma, soprattutto, che ha come sindaco Edinho Silva, il coordinatore della sua ultima campagna elettorale.

Secondo Gustavo Sierra, ex Cnn, Associated Press, Cbs ed Nbc nonché pluripremiato giornalista di guerra che ne ha scritto sul portale Infobae, anche «i più alti comandanti militari» sapevano e «hanno permesso che avesse luogo l’assalto» mentre adesso, «possono decapitare senza grossi problemi i golpisti e sbarazzarsi di migliaia di manifestanti che erano rimasti in piazza e costituivano una bomba a orologeria». A supportare la versione che circola nella capitale, il fatto che i bolsonaristi che da quasi due mesi si trovavano davanti al quartiere generale dell’esercito chiedendo l’intervento dei militari sono riusciti ad entrare nella Piazza dei Tre Poteri senza incontrare alcuna resistenza. Era persino pieno di venditori ambulanti con carretti che vendevano acqua e succhi.

Quando poi la polizia militare ha iniziato a sparare gas lacrimogeni e un elicottero ha cominciato a sorvolare il luogo, il disastro istituzionale era già consumato. Molto strano che il protocollo previsto per questi casi non sia stato messo in pratica, come dimostra un documento ufficiale della segreteria di pubblica sicurezza del distretto federale divulgato ieri dal sito di notizie Metropoles. Il testo specifica che spettava alla polizia militare di Brasilia mantenere l’ordine e impedire agli estremisti di entrare nella Piazza dei Tre Poteri. Le fonti di Brasilia consultate da Sierra «credono che i massimi capi della polizia e dell’esercito sapessero cosa stava succedendo ma hanno lasciato che la situazione esplodesse nelle mani dei loro subordinati che, invece, non avevano alcuna informazione».

Al di là delle voci insistenti, da segnalare l’unità delle istituzioni in Brasile, con i presidenti di tutti i poteri verde-oro che hanno diffuso in serata una nota congiunta in difesa della democrazia. «I poteri della Repubblica, difensori della democrazia e della Carta costituzionale del 1988, – si legge – respingono gli atti terroristici, vandalici, criminali e golpisti avvenuti domenica pomeriggio a Brasilia». La nota è firmata da Lula, dal Presidente della Corte suprema Rosa Weber, dal Presidente della Camera, Arthur Lira, e dal Presidente ad interim del Senato, Veneziano Vital do Rêgo. (articolo uscito su IlGiornale)

Argentina: offensiva peronista contro la giustizia
Il presidente dell’Argentina, Alberto Fernández, ha chiesto al Congresso di aprire un procedimento di impeachment contro tutti i giudici della Corte Suprema. È solo l’ultimo capitolo della strategia peronista di intimidire la magistratura, erodendo lo stato di diritto argentino. La repressione è arrivata dopo che il governo si è infuriato per una sentenza del tribunale supremo che lo costringe a restituire i fondi prelevati dalla città di Buenos Aires e passati alla provincia di Buenos Aires. La motivazione politica di questa disobbedienza non è un mistero: la città è governata da Horacio Rodríguez Larreta, leader dell’opposizione e candidato presidenziale per le elezioni di ottobre, mentre la provincia è governata dal peronista Axel Kicillof. Senza alcuna base legale o politica, la richiesta di impeachment è solo una cortina fumogena per distogliere l’attenzione dai guai economici del paese e, allo stesso tempo, scuotere la base peronista guidata dalla vice presidente Cristina Kirchner, recentemente condannata per corruzione.

Paolo Manzo, 10 gennaio 2023


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