La Chiesa pecca contro lo spirito, ed è poco cristiana, quando smette di fare il suo mestiere e quindi di rappresentare uno dei due poli in cui dialetticamente si svolge la nostra civiltà. Che è una tentazione a cui molto spesso anche Francesco, nella prima fase del suo pontificato, è sembrato, come dicevamo, non sottrarsi, ad esempio quando non ha lesinato attacchi diretti a presidenti americani o a leader italiani democraticamente eletti mentre casomai incontrava senza problemi dittatori populisti sudamericani.
Ovviamente, un giudizio storico su un pontificato intero si potrà dare solo in futuro. Né è da escludere che dietro la scelta di non attaccare direttamente oggi lo zar aggressore ci siano considerazioni di realpolitik connesse ai rapporti con i cristiani ortodossi o al volersi preservare una via di mediazione per la pace che prima o poi dovrà arrivare. Ma le motivazioni non fanno la storia se non per i risultati che producono.
E, fra i tanti prodotti finora generati, ci piace considerare anche la riconquistata autorevolezza di chi, conscio del suo ruolo e di quello dell’istituzione che guida, presa la decisione di far portare la croce della Passione nel Giovedì Santo a una donna ucraina e ad una russa, non si è lasciato spaventare dalle grida scomposte di chi un tempo strumentalmente lo osannava. Francesco ha proceduto dritto senza lasciarsi minimamente ammaliare dalle alcinesche seduzioni del secolo. Che col suo esempio sia questa per tutti, “buoni” e a maggior ragione “cattivi”, una Pasqua di resurrezione!
Corrado Ocone, 17 aprile 2022