C’è un vecchio libro del 2012, chiamato i Simboli al potere, edito da Einaudi a firma Gustavo Zagrebelsky, che contiene un paragrafo davvero istruttivo, per capire quale differenza ci sia tra un conservatore e un liberale. Riguarda uno dei simboli più importanti degli Stati Uniti, la sua bandiera. Fino al 1989, 48 stati americani punivano «l’oltraggio alla bandiera, compresa la sua messa a fuoco». Nel 1984 in Texas durante una convention in cui Ronald Reagan si presentava per conquistare il secondo mandato, un’attivista pacifista appiccò il fuoco alla bandiera. E da là che scaturì un’interessantissima disputa legale. Che finì, come le cose che contano, alla Corte suprema.
Il caso, noto come Texas vs Johnson si risolse, con una stretta maggioranza di cinque contro quattro, con l’assoluzione della giovane pacifista. Scrive Zagrebelsky: «La maggioranza della corte non segui l’impostazione del presidente conservatore della Corte Rehnquist ma quella libertaria fondata su una interpretazione rocciosa della libertà d’opinione, risultante dal primo emendamento. Bruciare la bandiera – questa in sintesi è l’argomentazione della decisione del 1989 – può essere un mezzo tra gli altri per manifestare il dissenso, il dissenso è un’opinione e l’opinione è protetta dalla Costituzione, per quanto offensiva e sgradevole possa essere per la maggior parte della società. Pertanto bruciare la bandiera per manifestare dissenso è un comportamento protetto dalla costituzione».
Il giudice Kennedy, scrisse: «È irritante ma di importanza fondamentale che la bandiera protegga anche coloro che l’oltraggiano». Ma questo è il significato del simbolo inteso in senso libertario. I massimi giudici americani discussero a lungo di un simbolo, che non rappresenta solo un pezzo di stoffa, ma una concezione della libertà fondamentale. Quando Zagrebelsky scriveva questo interessante saggetto, la cultura woke, non era ancora presente in America. I giudici della massima corte decisero che valeva la pena difendere coloro che insultavano la bandiera, per difendere la libertà del dissenso anche nelle forme più odiose. In quel periodo i conservatori erano per un limite al dissenso e i progressisti per la sua liceità, anche nelle forme più estreme. È incredibile come nel giro di trent’anni si sia tutto capovolto.
Nicola Porro, Il Giornale 7 maggio 2023