Domenica 3 aprile, durante la puntata serale di Controcorrente, condotto su Rete 4 da Veronica Gentili, Fausto Biloslavo ha impartito una vera e propria lezione di etica giornalistica in collegamento dall’Ucraina.
Interpellato sui presunti crimini di guerra avvenuti a Bucha, che buona parte della nostra informazione dà già per avvenuti per responsabilità delle truppe russe, il coraggioso inviato di guerra ha così risposto: “Io sarei molto cauto. In questa guerra mi sono imposto di raccontare solo ciò che vedo. Chiaro che di fronte a una notizia del genere, anche se sono a una notte di treno verso Est da Bucha, qualcosa bisogna dire. Però bisogna essere molto cauti, perché tante volte, in altre guerre, in altri conflitti, ho visto stragi, massacri che poi non si sono rivelati tali, e hanno provocato un ulteriore escalation.
Il motivo è semplice: “Faccio solo un esempio – insiste Biloslavo – l’intervento della Nato per il Kosovo nel 1999. Anche là c’era bisogno di un massacro, e il massacro è arrivato. Poi abbiamo scoperto che forse non era proprio così. Quindi, io vorrei capire bene se ci sono fonti indipendenti, chi sono queste vittime, cosa è veramente successo. Se (le stesse vittime ndr) avevano le mani legate dietro la schiena. Se qualcuno le ha giustiziate con un colpo alla nuca. Chi le ha giustiziate con un colpo alla nuca. Quando c’è di mezzo una guerra, un conflitto così vasto, così devastante, bisogna stare sempre molto attenti ad alzare la bandiera della strage, del massacro e così via, prima di avere prove concrete da fonti indipendenti e anche dai giornalisti sul posto”.
Ora, ribadendo che continuo a ritenere del tutto insensato l’attacco russo all’Ucraina, le cui responsabilità ricadono tutte su chi lo ha deliberatamente scatenato, ciò non dovrebbe però impedirci di analizzare con equilibrio e moderazione ciò che avviene sui fronti di guerra e su quelli ancor più complessi della diplomazia. Tutto questo, raccogliendo l’auspicio di Biloslavo, proprio per evitare di trasformare la nostra informazione in una sorta di grancassa propagandistica al servizio dei governi di turno. Cosa che, ahinoi, abbiamo potuto drammaticamente sperimentare con il pasticciaccio brutto di una pandemia che ancora oggi ci viene raccontata dalle grande stampa nazionale come qualcosa di simile alla peste bubbonica, quando sin dai primi riscontri era più che evidente che il Covid-19 rappresentava un serio pericolo solo per le persone molto fragili sul piano immunitario.
D’altro canto, a beneficio di chi intende bersi le pozioni tossiche di una informazione a senso unico che sembra voler ingigantire a dismisura il pericolo Putin, dipingendo il dittatore russo come una specie di Gengis Khan del terzo millennio, vorrei segnalare che la differenza tra un Paese libero a un regime dittatoriale è proprio la presenza di una stampa indipendente. Una stampa indipendente la quale, prima di giudicare i fatti, ponga le domande giuste, esprimendo dubbi e critiche senza fare sconti a nessuno. Una stampa indipendente che, in ultima analisi, più che “formare” l’opinione pubblica, si limiti ad informare i cittadini nel modo più ampio ed esauriente. Sotto questo profilo, in tutta onestà, proprio non saprei dove collocare buona parte dell’informazione italiana.
Claudio Romiti, 5 aprile 2022