Esteri

La guerra in Ucraina

Bucha, Capuozzo rivela: “Cosa avevano accanto i cadaveri. Li hanno ammazzati?”

Le domande dello storico inviato di guerra su Bucha: “È diventato un mito intoccabile”

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Toni Capuozzo torna a parlare di Bucha, dell’Ucraina, della guerra mossa dalla Russia e dalla partigianeria della stampa italiana. “Questa è la prima guerra raccontata dai social – dice al Giornale – con tutto il bene e il male che questo comporta. C’è un sacco di materiale che chiunque può postare”. 

La stampa mainstream

A colpire Capuozzo è soprattutto il rapporto della stampa italiana con il conflitto esploso a fine febbraio. “L’informazione italiana, il cosiddetto mainstream, si è schierata al 110% in difesa dell’aggredito”, spiega. Certo è stato Putin a invadere Kiev. Però “per capire come si è arrivati a questo punto e se ci sono stati degli errori da parte dell’Occidente. Questo non per dividere le colpe o per un’equidistanza comoda, ma per non ripetere gli errori che sono stati fatti nel passato”. In cima a tutto c’è la “trasformazione” fatta fare dalla stampa al Battaglione Azov, prima considerata una banda di nazisti e adesso quasi glorificati per la sua resistenza all’Azovstal. “A proposito – aggiunge Capuozzo – il Corriere ha un’intervista coi prigionieri russi, ignorando che i prigionieri, per la convenzione di Ginevra, non possono essere intervistati perché non sono in grado di essere liberi di parlare”.

La strage di Bucha

Ma è soprattutto sulla strage di Bucha che Capuozzo intende fare chiarezza. È stato tra i primi, infatti, a sollevare qualche dubbio su quei corpi ritrovati in strada e fotografati dai primi inviati entrati nella cittadina alle porte di Kiev. “Bucha è diventato una specie di mito intoccabile – spiega lo storico inviato di guerra – Ma facciamo chiarezza: ci sono centinaia di morti nelle fosse comuni, che sono state scavate dagli ucraini stessi dietro la chiesa. Non erano fosse comuni nascoste in un bosco. In quelle fosse erano stati sepolti i morti durante l’occupazione russa, che è durata più di un mese. Che siano stati uccisi dopo torture o a sangue freddo è facile immaginarlo. Il Guardian, però, ha parlato anche di un certo numero di vittime che presentava dei dardi, che sono tipici delle bombe a grappolo sparate dall’artiglieria. Sarebbero dunque morti sotto i bombardamenti, che non erano dei russi, perché tenevano la città, ma probabilmente degli ucraini”.

 

Quella di Bucha, per Capuozzo, è una strage su cui “bisogna indagare”. Vanno puniti i “crimini di guerra”. Ma va anche chiarito se e quante possano essere eventuali “vittimi collaterali” della riconquista ucraina della cittadina. Perché sulle foto dei morti in strada “ho posto delle domande, ma continuo a non sentirmi soddisfatto delle risposte”. “Ho notato che diverse vittime avevano dei bracciali bianchi sul braccio e mi è stato detto che erano dei civili che volevano arrendersi. In realtà, sappiamo che sono i russi, e chi collabora con loro, ad avere il fazzoletto bianco al braccio – aggiunge – Alcune di quelle vittime, poi, avevano accanto razioni alimentari russe. Nessuno ha mai spiegato come mai. I russi hanno dato loro le razioni alimentari e poi li hanno ammazzati? Non c’è una foto in cui si vedono dei bossoli per terra, che invece ci sono quando si ammazza un uomo da breve distanza”.

E ancora: “Ci sono infine le immagini in cui i corpi vengono trascinati con un cavo – insiste Capuozzo – Ora, io li ho visti i corpi minati in Bosnia. La mina è fatta in modo che, una volta che non c’è più pressione, esplode. Quei corpi sono stati trascinati per metri. È solo imperizia o qualcos’altro? Nessuno ha risposto. Come si sono conservati quei corpi che, secondo le foto satellitari, sarebbero rimasti lì per più di venti giorni? Senza nessuna traccia di vilipendio di animali selvatici, poi? Mi hanno risposto con l’analisi di una veterinaria. Ma io chiedo: c’è qualcuno che ha spiegato cos’è andata a fare la squadra speciale della polizia, che si chiama Safari, che secondo la stampa ucraina era lì il primo aprile per disinnescare ordigni inesplosi, per dare la caccia a sabotatori e collaborazionisti. C’è un bilancio di quella incursione? No. Secondo me, tutti dovrebbero sforzarsi di rispondere a queste domande. Non è secondario”.

Poi è chiaro che “quei 360 morti delle fosse comuni meritino vendetta e giustizia”. Ma “bisogna anche capire se i morti per strada sono vittime di questa operazione speciale della polizia e sono stati uccisi in quanto collaborazionisti oppure se sono dei morti recuperati dalle cantine e disposti sulle strade a favore di telecamere. Non è ininfluente. Queste cose le ho viste in altri conflitti. Perché una cosa è la tragedia. Un’altra è la strumentalizzazione della tragedia”.