Non è questione di negazionismo, categoria in cui ormai vengono gettati tutti coloro i quali si pongono anche solo il minimo dubbio. Non vuol dire non capire che Bucha, la cittadina presa dai russi un mese fa e poi riconquistata dagli ucraini, non sia stato il teatro di un massacro. Significa solo porsi delle domande, come fa Toni Capuozzo, e cercare delle risposte per avere il quadro d’insieme completo di ciò che sta accadendo alle porte di Kiev. I soldati di Putin hanno commesso crimini? Probabile, anzi praticamente sicuro. Ci sono le testimonianze dei superstiti a dimostrarlo, le intercettazioni dell’intelligence tedesca e il resoconto degli inviati sul campo. Ma quelle immagini che ci hanno colpito nell’animo, quelle che – come sostiene il governo della Turchia – hanno “cambiato” la percezione del conflitto, quelle che rischiano di coinvolgere ancor di più l’Occidente e allontanano la tregua, raccontano davvero tutta la storia?
“Ucraini a caccia di sabotatori”. Le domande di Capuozzo sulla “pulizia” a Bucha
Per Capuozzo qualcosa non torna. Lo storico inviato di guerra non si spiega come mai le fosse comuni di Bucha siano piene ma quei corpi siano rimasti insepolti per giorni e giorni. Non capisce come sia possibile che, se sono morti davvero a metà marzo, i cadaveri si possano essere conservati in quel modo. Si chiede che fine abbiano fatto i “collaborazionisti” che il governo di Kiev ha cercato di “stanare” inviando sul posto delle squadre speciali apposite. E si domanda come mai i corpi esanimi ritrovati in uno scantinato abbiano al braccio il fazzoletto bianco che identifica i filorussi sul campo. Domande legittime, che rischiavano di costargli un premio giornalistico. Ma che a ben vedere rivelano una certa prudenza sui fatti di Bucha che anche due intelligence occidentali condividono.
Bucha, ora Capuozzo pubblica le foto: “Nessuno s’è accorto del bracciale bianco?”
Parliamo del Pentagono, mica pizza e fichi, che il 4 aprile ha detto di non poter “confermare in modo indipendente” le denunce ucraine su Bucha. Certo, non aveva e non ha motivi per “confutarle”, in fondo Biden è stato tra i primi a parlare di “crimine di guerra”, ma che il Pentagono non si sia sbilanciato non è un dettaglio secondario. Come non può passare inosservato quanto detto ieri sera a Stasera Italia da Franco Gabrielli, ex capo della polizia e ora Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. In pratica il capo dei servizi segreti. A Barbara Palombelli, il superpoliziotto ha fatto sapere che la nostra intelligence ritiene che “a Bucha ci sia stato un eccidio”, ma che “sulle responsabilità dobbiamo essere molto attenti e cauti. Anche perché a volte ci sono delle situazioni che possono essere rappresentate in maniera diversa la lesione che si produce alla credibilità di una narrazione è devastante”. Una posizione che fa a pugni con quel “Putin dovrà risponderne” urlato ai quattro venti da Mario Draghi a poche ore dalla liberazione di Bucha.
Russi sgozzati e giustiziati: il video dell’orrore degli ucraini vicino a Bucha
“Atteniamoci ai fatti, alle immagini e al racconto di chi sta sul campo – ha aggiunto Gabrielli – considero la presenza dei giornalisti fondamentale, avendo sempre la consapevolezza che le guerra porta con sé forme di degenerazione e di mistificazione”. Questo significa negare? No, ovviamente. Vuol dire spacciare i russi per santarelli o sposare acriticamente la loro tesi secondo cui a Bucha s’è svolta una messinscena ucraina? No, assolutamente. Ma una cosa sono i crimini di guerra, la cui responsabilità è personale (vedasi anche il video choc dei soldati ucraini che maciullano dei russi); un’altra il genocidio, che lo pure Jack Sullivan, consigliere per la Sicurezza della Casa Bianca, esclude sia avvenuto a Bucha. L’unica cosa che conta, oggi, è evitare – come spiegava Biloslavo – ciò che è già successo in altre guerre del passato: “Ho visto stragi, massacri che poi non si sono rivelati tali, ma che hanno provocato un’ulteriore escalation”.