Le vie del Signore, si dice, sono infinite ma non facili da seguire nei loro percorsi misteriosi e si potrebbe anche dire capricciosi; “Dio vede e provvede”, ma a suo indiscutibile arbitrio, secondo una logica arcana per cui spesso, molto spesso, chi riga dritto o almeno ci prova resta dimenticato e chi ce la mette tutta per sfasciare come vetrate i comandamenti della proibizione, della mortificazione, ne esce salvato e magari santificato. Da figliol prodigo, ma senza la pena del pentimento che dischiude al perdono e induce comunque all’espiazione, alla sparizione dal mondo.
Oggi funziona in modo più spiccio, più pratico, più laico, anche per la cara Madre Chiesa ma quanto smarriti bisogna essere, come pecorelle da riscattare? Forse gli zelanti, i troppo coerenti finiscono per dare sui nervi a questo Dio che non si fa trovare, che tradisce la logica degli uomini “a sua immagine e somiglianza”, che paga un lavativo o l’ultimo arrivato quanto chi si è spaccato la schiena nella vigna e alle proteste risponde: di che ti lamenti? Non ti ho dato il pattuito? E gli sfugge che esiste o almeno vivaddio sopravvive, negli uomini suoi figli, un’esigenza di giustizia che è anzitutto logica, che, se manca, va tutto a catafascio.
Ilaria Salis oggi compie 40 anni si direbbe al perfetto appuntamento con la provvidenza: prima l’hanno tolta da galera a Budapest, poi le hanno tolto il braccialetto, quindi gli arresti domiciliari, infine le hanno tolto Budapest e adesso, d’in sui veroni del paterno ostello in quel di Monza, Brianza velenosa, ella porge gli orecchi al suon della voce: “Ilaria sorride ai fotografi assiepati sotto casa ma non rilascia dichiarazioni”. Già una popstar. Per i proclami poi ci sarà tempo, la vita è adesso, comincia a 40 anni e il meglio è da venire. Già è cambiato quel sorriso che fino a ieri poteva suonare esaltato, immaturo come quello di una quarantenne che non sa crescere, che vive delle sue esaltazioni adolescenziali, adesso è supponente, con un’ombra di tracotanza.
La provvidenza o chi per essa l’ha prodigiosamente trasformata in poche settimane da galeotta ad europarlamentare, il meglio del meglio, il sogno di ogni poverocristo, e lei, novella messaggera del popolo nelle primissime intenzioni centellinate annuncia, testuale: “Mi batterò anche contro discriminazioni, disuguaglianze, sfruttamento, patriarcato e guerra. Per cambiare radicalmente le condizioni materiali di vita delle persone, per i diritti dei lavoratori, delle lavoratrici e dei precari. Per una scuola di qualità che non lasci indietro nessuno e per la tutela dell’ambiente”. Commento di uno su un social: “Questa si crede Gesù Cristo, ormai è fatta, con la Salis a Bruxelles la rivoluzione mondiale è cominciata!”.
Anche quel padre, subito oltre le colonne d’Ercole del grottesco, si è fatto via via più tronfio, più aggressivo; adesso dichiara “mi dimetto da portavoce di Ilaria, per lei parlerà solo il partito”, cioè la succursale piddina di Fratoianni&Bonelli. “Non mi vedrete più”. E mente, perché l’arroganza, specie se sale dal potere, è una droga. Come farà Ilaria a salvare l’umanità, a rimetterla sui giusti binari di una risorgenza comunista, una koinè comunista? Con “l’antifascismo attivo” che purtroppo autorizza i peggiori sospetti. La provvidenza, del Dio arcano o dello storicismo, non sta tanto nell’ascesa di classe, da precaria a privilegiata, da sommersa ad emersa da 3 milioni in una legislatura, senza dire dei benefit a vita, della giusta pensione, a vita, dei viaggi eternamente gratis – top class per i rappresentanti del popolo sovrano -, e, in definitiva, nell’essere entrata in un gioco di potere e di lucro dal quale un nominato non uscirà mai.
Anche il libro, vedrete, andrà benissimo e poi si apriranno a raggiera opportunità le più stuzzicanti, dalle collaborazioni intellettuali a Ballando con le stelle; non sta neppure nell’avere risolto una vita da irrisolta nel modo più inatteso e avventuroso. Sta se mai nella franchigia che non torna agli uomini di buona volontà, in quel farla franca di chi non paga e non pagherà mai. E che induce e pensare: vabbè ma se lo sapevo che funzionava così, mi mettevo a spaccare teste come cocomeri pur io.
Quattro condanne, ventinove precedenti di polizia, almeno una asserita truffa alle case popolari, un’accusa per tentato omicidio dalla magistratura magiara: dire che questa in vita non abbia combinato niente sarebbe ingrato, sostenere che abbia fatto del buono, temerario. Ma tutto vedrete volerà via nelle correnti d’autunno, è chiaro che a botta calda l’Ungheria qualche voce grossa la deve pur fare, ma anche loro sanno che è un balletto delle parti, tutto è stato concordato, la “fascista” Meloni ha fatto sapere di non creare problemi, a un eletto, uno appena accolto nel “tutti dentro” certe cose si perdonano, via, sarebbe crudele infierire. O davvero credete che la democrazia sia quell’infingimento per cui tutti sono uguali, particolarmente avanti alla legge, alla giustizia che non guarda in faccia a nessuno?
Si torna al “chi ha avuto ha avuto” di cui anche nel Vangelo si scorge traccia, magari con perifrasi, con locuzioni tortuose, anche gli apostoli sapevano applicare la regola giornalistica del fumus quando le cose si facevano troppo contraddittorie, quando non tornava più la antilogica perdonistica, detta anche “lo scandalo della fede” per dire qualcosa che turba, che morde la coscienza, che grida vendetta al cospetto di Dio (invano, anzi ti senti dare del meschino e, tu, proprio tu, del peccatore). La provvidenza può essere scandalosa ma gli uomini della provvidenza, che la amministrano o almeno le danno del tu, ti mettono subito a posto: non ti preoccupare, “hai avuto o no quello che era pattuito?”.
Non proprio, proprio no; da cui le interpretazioni più disparate e a volte spericolate del popolo cristiano: chi nella sua brama di giustizia, per gli altri, la fa coincidere con la vendetta e si appella al Dio degli eserciti, incazzoso, sterminatore; chi se ne amputa, la ripudia, non giustizia ma perdono, sempre, ostinatamente, oltre lo spirito cristiano che si fa follia; chi la aspetta, la chiama karma, e dice: tanto prima o poi gli tocca, “Dio non paga solo il sabato” ed è forse il modo più maligno di appellarsi a Lui, di dubitare di Lui, di indurlo in tentazione. Poi quelli che, detestandolo sordamente, proiettano su di te il loro odio, forse per frustrazione, per quella giustizia che rivendicano, avendo sempre rigato dritto, vai a capire, comunque ti scrivono: inginocchiati e rendi grazia a Dio se hai un cancro, è segno che Lui ti ama.
E a te vien da pensare, ma non poteva amarmi come ama la Ilaria Salis? Un compleanno che vale doppio il suo, spiega babbo Roberto: “Deve festeggiarne due perché l’ultimo era prigioniera”. Provvidenza risarcitoria, anche nel tempo che, secondo sant’Agostino, poi ripreso da Einstein, a sua volta ripreso da Carlo Rovelli, il fisico comunista in sandali, non esiste. Ma esiste questa martire sorridente, questa santina dell’ “antifascismo attivo” tuttora convinta, questo glielo concediamo senza riserve, di essere dei giusti, i pochi giusti che per salvare l’Europa e l’umanità, fanno i cacciatori di nazisti, cioè quelli che non vanno loro a genio e si ritrovano con la testa sfasciata. Almeno fino ad ieri; oggi, da eletta dal popolo, la strategia può evolvere, si lotta dall’interno, si cambia da dentro il Falansterio, e, ogni fine mese, si passa alla Banca Centrale.
Ma sì, l’antifascismo permanente, militante, attivo è un impegno massacrante, per gli altri, è una missione, una consacrazione quasi divina e, come ogni santificazione, rigenera, rivoluzione non per niente significa rovesciare, ritornare, è la catarsi e esige la provvidenza che i cittadini italiani hanno portato come su una grande torta alla panna montata, messaggeri storicistici del Dio della Storia che paga, sì, ma quando vuole lui, come vuole e senza fornire spiegazioni. Buon compleanno, Ilaria, e 100 di questi giorni.
Max Del Papa, 17 giugno 2024
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