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Bye bye elezioni, vogliono Draghi premier a vita

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Va bene, manca il terzo indizio per fare la prova. Però come si dice in Umbria, gli “atti non sono belli”. Cioè la situazione non volge a favore, in questo caso della democrazia. Ricordate cosa scrisse Marcello Sorgi, sulla Stampa, lo scorso luglio? Vi rinfreschiamo noi la memoria: disse che se i partiti dovessero far cadere il governo Draghi, Mattarella non avrebbe avuto altra soluzione che mettere su un governo elettorale, forse persino “militare”. Perché “a mali estremi, estremi rimedi”. Un ragionamento che, giustamente, indignò i più e costrinse l’editorialista a un mezzo passo indietro. Ma che evidentemente raccontava un’idea circolante, in questa o altre forme, nei salotti che contano della politica e dell’intellighenzia italiana.

A confermarlo ci ha pensato ieri sulle pagine del Corriere della Sera il sempre ben informato Paolo Mieli, il quale è arrivato a porsi la seconda domanda: “E se decidessimo di non votare mai più?”. Si tratta ovviamente di una provocazione, e lo si capisce leggendo il pezzo fino in fondo, ma che racconta bene quel pezzo di Italia (minoritaria, diciamo noi, ma decisamente influente) che “in modo ogni giorno più esplicito auspica un futuro post elezioni politiche con assetti più o meno simili a quello attuale”. In pratica il Belpaese dovrebbe tenersi Mario Draghi finché morte non ci separi, sostenuto da quella che è stata ormai ribattezzata come “Maggioranza Ursula”. In sostanza, il centrosinistra condito da Cinque Stelle e una spruzzatina di Forza Italia. Magari un pezzo di quel partito oggi trasformatosi in un Vietnam. Alla fine della fiera, ad essere esclusi dal governo (e chissà, Provenzano permettendo, anche dall’arco parlamentare) sarebbero Fratelli d’Italia (“i fascisti!”) e la Lega (“i populisti”), anche se col centrodestra unito rappresentano ormai la maggioranza del Paese.

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