La campagna elettorale per le elezioni politiche del prossimo 25 settembre entra nel vivo, e puntualmente, come ogni elezione che si rispetti, torna ad aleggiare sul Paese lo spettro del fascismo, con il fronte progressista compatto che, ancora una volta, non perde occasione per rivolgere al centrodestra accuse di contiguità al regime. Un film già visto e rivisto, con il solito flashback sul ventennio utilizzato al fine di rievocare nell’elettorato la tragica esperienza fascista e la figura del Duce, da accostare all’avversario politico di turno con l’intento di minarne la credibilità e l’attitudine democratica.
La caccia al fascista rimane dunque lo sport preferito a sinistra, ma in questa campagna elettorale, che si preannuncia infuocata sin dalle prime battute, appare evidente che, unitamente alle accuse di fascismo, i leader del centrodestra (e non solo loro) si troveranno a dover fronteggiare anche quelle di ‘putinismo’. Da Mussolini a Putin. Cambia il tiranno ma non il copione. L’arma con cui colpire é sempre la stessa, seguendo uno schema ormai ampiamente consolidato e tanto caro ai progressisti: dipingere l’avversario alla stregua di un estremista, incapace di governare ma capace di minare la tenuta democratica del Paese.
In questo scenario, non stupiscono affatto gli attacchi a orologeria indirizzati prima a Matteo Salvini e poi a Silvio Berlusconi, rei di intrattenere chissà quali relazioni segrete con Vladimir Putin. Secondo i media progressisti, infatti, il Cremlino avrebbe messo in piedi una strategia avente quale obiettivo quello di destabilizzare il governo guidato da Mario Draghi, ritenuto dai russi troppo filoatlantico. Strategia che avrebbe poi portato – sempre secondo i medesimi organi di informazione – alla caduta dell’esecutivo con la complicità di Lega e Forza Italia, che seguendo i diktat provenienti da Mosca avrebbero deciso di staccare la spina al ‘governo dei migliori’ per indebolire il fronte atlantista.
Una ricostruzione senz’altro originale, che probabilmente non tiene neppure conto del fatto che ad aprire la crisi di governo era stato il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte. E poco importa se il centrodestra aveva proposto in Senato una risoluzione attraverso la quale chiedeva un nuovo patto di fiducia per la formazione di un governo a guida Draghi ma senza i Cinque Stelle. Tutto già finito nel dimenticatoio.
Ma d’altronde, si sa, è tempo di elezioni, e c’è da scommettere che con il centrodestra in netto vantaggio nei sondaggi nelle prossime settimane l’Italia diventerà dal nulla un covo di fascisti e putinisti, che, come da copione, spariranno miracolosamente all’indomani del voto, per poi riapparire nuovamente alla prossima tornata elettorale.
Salvatore Di Bartolo, 30 luglio 2022