Cambiamento climatico? San Francesco aveva già capito tutto

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Il Dicastero Vaticano della Comunicazione ha organizzato, per questo mese di maggio, una mostra fotografica con esposizione di opere di fotografi che, ad ammirare le immagini, possono senz’altro meritarsi la qualifica di pregevoli artisti. Gli intenti della mostra, però, sono curiosi, da parte della Chiesa cattolica, universale. Li spiega il Dicastero stesso: «Un’interpretazione fotografica del Cantico delle Creature, da un lato i cambiamenti climatici e dall’altro la speranza data dall’opera creatrice di Dio».

Ma la contrapposizione è ingiustificata. Il Cantico delle Creature comincia così: «Laudato sì, mi’ Signore, con tutte le tue creature, specialmente messor lo frate Sole…» e, continua l’ode, «e per sora Luna… per frate Vento» e «per aere, nubilo et sereno et omne tempo». E ancora: «e per sora acqua… e per frate focu». E, per non far torto a nessuno, Francesco d’Assisi aggiunge alla fine «laudato sì mi’ Signore per sora nostra morte corporale».

Francesco d’Assisi doveva aver quindi ben chiaro l’importanza del Sole non solo per la vita sulla Terra, e per questo lo loda «specialmente», ma doveva aver ben chiaro anche la cruciale importanza della nostra stella per il clima del pianeta, e per non contraddirsi non si astiene dal lodare e chiamar fratello anche il Vento. E, quanto al clima, non solo il sereno ma anche «il nubilo et omne tempo» sono lodati. Francesco d’Assisi canta le creature – animate e inanimate – perché tutte sono, appunto, create, o comunque volute, da Dio. Anche la morte. Già, volute, perché, scrive il Patrono d’Italia, saranno beati coloro che moriranno nella volontà del Creatore. Non dello stesso avviso sembra essere il Dicastero Vaticano della Comunicazione, secondo il quale: «Le foto selezionate presentano un contrasto tra la bellezza e meraviglia del Creato e la distruzione del cambiamento climatico. Un invito a riflettere sulle azioni da intraprendere per lodare Dio con la stessa forza di San Francesco in un tempo di crisi socio-ecologica».

Lo stesso Papa cade nella trappola della narrazione climatica. Nella «Laudato sì» Egli s’appella al consenso scientifico per puntare l’indice contro il «preoccupante riscaldamento climatico… la maggior parte del quale… è dovuto alle attività umane». E sul problema si dilunga con argomentazioni – come, per esempio, quella del «preoccupante innalzamento dei mari» – che tutti noi leggiamo da alcuni decenni nei più approssimativi documenti di associazioni ideologicamente precostituite. Il fatto è che mai ci si può appellare al consenso tra gli uomini per sostenere l’attendibilità di qualsivoglia affermazione. Un consenso cui s’appellò Urbano VIII, e Galileo Galilei fu vera vittima non della Chiesa ma dei suoi stessi colleghi e del consenso tra essi. Quel che conta, nella scienza, è il consenso tra i fatti. E i fatti, inconfutabili, sono che il cambiamento climatico, come Francesco d’Assisi aveva ben compreso, fa parte del Creato, né oggi avvengono in modo diverso che nel passato. Come essere umani, per preservare la nostra specie, abbiamo solo il compito, e forse anche il dovere, di difenderci da essi, ove essi ci nuocciano.

Una cosa mi preoccupa del pensiero del Papa in proposito: convinto com’è il Santo Padre che i cambiamenti climatici siano una conseguenza della disponibilità che abbiamo da un paio di secoli di energia abbondante, Egli propone che questa disponibilità d’energia sia inibita ai poveri del mondo perché, in questo modo, costoro non sarebbero più vittime delle intemperie. Purtroppo, è esattamente il contrario: per difendersi dalle intemperie bisogna avere disponibilità di energia abbondante e a buon mercato. La proposta del Papa, mi spiace dirlo, manterrà i poveri tali e mai li solleverà dalla loro condizione. Santo Padre, ci rifletta.

Franco Battaglia, 12 maggio 2024

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