Per capirlo, torniamo a quel 3 giugno 2021: stando a quanto affermano i genitori e a quanto adesso ammettono i medici di Lavagna, Camilla rivela a chi la sta assistendo di essersi vaccinata. E in un messaggio inviato a un amico è lei stessa a raccontare che è finita in ospedale per problemi legati all’inoculazione. Eppure, nella cartella clinica non c’è traccia di questo particolare. I medici non scrivono che la diciottenne ha ricevuto Vaxzevria. Niente di niente: come se non ne fossero stati al corrente.
Lo ripetiamo: sulla cartella clinica non compare quell’informazione, nonostante i dottori, per loro stessa ammissione, fossero consapevoli che la Canepa si era vaccinata con il preparato anglosvedese, nonostante ci fossero già numerosi campanelli di allarme sui rischi connessi ad Astrazeneca e nonostante fossero state predisposte linee guida sull’individuazione degli effetti collaterali gravi del farmaco.
Qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo dovere? E perché? Camilla si poteva salvare? Lo stabiliranno le toghe. Ma delle responsabilità politiche di quella morte, forse, si doveva già parlare da un pezzo: per quale motivo i nostri ragazzi, che dal Covid rischiano quasi zero, sono stati indotti a correre negli hub, senza adeguate valutazioni sui rischi che correvano? Perché si è raccontato loro che bastava una punturina per riconquistare la libertà e la spensieratezza perdute – il che, tra l’altro, non è avvenuto? Perché sono stati organizzati addirittura degli Open day con un vaccino che era consigliato agli over 60? Insomma, chi ha sulla coscienza il sorriso dolce di Camilla?