Continua senza soste l’offensiva della sinistra italiana contro i fantasmi del fascismo. L’ultima mossa con cui contrastare la molto presunta deriva autoritaria imposta dal maggiore partito della coalizione di governo rappresenta un atto di grande eroismo democratico: una legge che imponga di cantare Bella Ciao il 25 aprile e in ogni cerimonia ufficiale dopo l’esecuzione dell’Inno di Mameli.
La demenziale e assai divisiva proposta, perfettamente in linea con la politica del ritorno al passato impressa dal “nuovo” Pd di Elly Schlein, è stata presentata in Parlamento dal deputato dem Stefano Vaccari insieme ai colleghi di partito Marco Furfaro e Mauro Berruto. Assolutamente rivelatrici di un ridicolo tentativo di strumentalizzare politicamente la cosa alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa dallo stesso Vaccari: “Bella Ciao è il canto della libertà e della riconoscenza verso chi si è battuto, anche sacrificando la propria vita, per riconsegnare la libertà e la democrazia al popolo italiano costretto alla tirannia nazifascista. Le forze democratiche – prosegue l’eroico deputato – presenti in Parlamento si impegnino a fare approvare il disegno di legge che ho presentato insieme ai colleghi Berruto e Furfaro per riconoscere la canzone Bella Ciao quale espressione popolare dei valori fondanti della nascita della Repubblica italiana.”
Dopodiché Vaccari, che è attualmente segretario di Presidenza, sgancia la sua mina a scoppio ritardato contro la destra: “Sulla storia condivisa si costruisce il futuro del Paese e non certo con rigurgiti squadristi che sono una grave offesa per milioni di cittadini”. Ora, in primis viene da chiedersi perché mai, visto che erano in ballo, i proponenti non abbiano inserito anche l’esecuzione dell’Internazionale Socialista, che in questo quadro di rigurgiti rivoluzionari della caciotta avrebbe rappresentato la classica ciliegina “rossa” sulla torta. Ma battute a parte, sarebbe anche il caso di ricordare a Vaccari, Berruto, Furfaro e compagni della parrocchietta che la storia gloriosa di Bella Ciao ha un sapore sospetto di patacca.
Infatti, sembra che gli stessi estensori della proposta di legge abbiano evidenziato che la canzone, nella forma che oggi tutti conosciamo, non è presente in nessun documento anteriore al 1950, tanto da non comparire in nessuna raccolta di canti partigiani di quegli anni, come il Canta partigiano edito da Panfilo a Cuneo nel 1945, le varie edizioni del Canzoniere italiano di Pasolini o le riviste (come Folklore nel 1946). “Se la canzone è riconducibile, in forma embrionale, ad alcuni canti popolari – sostengono i proponenti -, la forma definitiva che tutti conosciamo compare invece diversi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale”.
Inoltre, vorrei concludere con una breve notazione storica, legata alla seconda parte della prima strofa del testo: “Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor”. Ebbene, l’immaginario personaggio che decide di seguire i partigiani in montagna, rischiando la sua vita, deve essere vissuto in una cassa di limoni almeno fino a quel fatidico 8 settembre del 1943, dato che fino al quel momento egli non si era reso conto che i soldati tedeschi presenti sul nostro territorio non vi erano come giunti come invasori, bensì come alleati. Quindi, forse sarebbe il caso, prima di usare a casaccio la mitraglia della propaganda, di imparare a spararle bene le bubbole storiche con cui indottrinare i propri adepti.
Claudio Romiti, 17 giugno 2024
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