Siamo stati per giorni ad anticipare il discorso di Putin. “Cosa dirà lo Zar?”, quali messaggi invierà?”, “dichiarerà la guerra totale?”, “annuncerà la vittoria dopo la conquista di Mariupol?” e via dicendo. Cosa abbiamo visto in realtà? Nulla di tutto questo, ma tanto erano “previsioni” quindi i debunker non interverranno. Resta però la “figuraccia” dei media, che avrebbero forse fatto meglio ad aspettare la parata del 9 maggio e commentare il discorso del Presidente russo invece di lanciarsi in speculazioni.
Toni Capuozzo, però, ieri a Quarta Repubblica ha fatto notare anche un altro dettaglio. Ovvero che la “stampa” un po’ guerrafondaia sembra essere rimasta “delusa” dal discorso di Putin. “I primi commenti erano quasi di delusione – ha detto – Perché Putin non ha fatto l’annuncio della guerra totale. Diciamo che ha fatto un discorso da Operazione Speciale, nel senso che non ha quasi parlato di guerra. Io credo che bisogna prendere le parole per quello che sono. E bisogna mettersi d’accordo: o Putin è uno sconfitto, viste le perdite sul campo, oppure è uno pericoloso in grado di assaltare i Paesi Baltici”. Per lo storico inviato di guerra dalla lettura del discorso si evince il fatto che Putin “ha giocato a prendere atto di come stanno andando le cose sul campo, e non stanno andando bene, e intanto ha riposizionato la sua strategia. Che in questo momento forse è quella di arrivare a un ‘referendum’ nel Donbass e a mettere in imbarazzo la Nato e gli Stati Uniti”.
La domanda, ora, resta solo una. Cosa vuol dire vincere per noi? “Dovremo dare più armi, più mezzi e altri uomini oltre all’intelligence?”, si chiede Capuozzo. Che poi conclude: “Adesso il cerino acceso è in mano agli Stati Uniti e a chi li segue”.