In merito alla inquietante vicenda delle mascherine, in questi giorni ho verificato in alcuni ospedali della mia regione, l’Umbria, che assai poco è cambiato dopo la confusa ordinanza del ministro Schillaci, che di fatto ha scaricato la responsabilità di abolirne l’obbligo sui responsabili delle singole direzioni sanitarie. E solo per questo, dal mio modesto punto di vista di semplice elettore che ha votato per l’attuale maggioranza, egli andrebbe allontanato dal governo. In pratica, all’interno degli stessi ospedali visitati sembra di stare assistendo ad una sorta di carnevalata, in cui pazienti, ospiti e personale sanitario non fanno altro che alzare e abbassare il diabolico strumento di protezione, a seconda dell’ambiente in cui si trovano, senza ovviamente curarsi della continua contaminazione che questo andirivieni determina nella mascherina.
Tuttavia, come riporta in un lungo articolo Quotidianosanità.it, che ci spiega che ancora oggi, dopo ben oltre tre anni di terrorismo virale, è “meglio non abbassare la guardia”, in Italia sono ben poche le direzioni sanitarie che hanno avuto il coraggio di seguire alla lettera le indicazione dell’attuale surrogato di Roberto Speranza. Si legge infatti nell’incipit del pezzo: “Le strutture sanitarie da Nord a Sud stanno applicando l’ordinanza, ma sono molte quelle che stanno adottando un approccio più restrittivo. Negli ambulatori dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, il ricorso alla mascherina continua ad essere considerato un baluardo di difesa al quale è meglio non rinunciare. E oggi il Veneto ha deciso di prolungare l’obbligo fino alla fine di maggio.”
Dopodiché viene citato un lungo elenco di ospedali di grande rilevanza, tra cui il Policlinico Umberto I di Roma e il Cardarelli di Napoli, in cui nulla è cambiato, tranne la possibilità di compiere la citata carnevalata tra un corridoio e l’altro. In particolare nell’Umberto I una specifica circolare della direzione, successiva alle disposizioni del Ministero, prevede “l’obbligo di uso della mascherina in tutti i servizi di assistenza, dal pronto soccorso, ai reparti di degenza e gli ambulatori. Le mascherine non sono più obbligatorie solo nei corridoi, nelle sale d’aspetto, negli uffici amministrativi e negli ambienti come bar e mense. “
Ora, in questa situazione stanno giocando due fattori tipicamente italiani, il primo, come sopra accennato, è legato alla cronica incapacità, incarnata dall’attuale ministro della Salute, di assumersi la responsabilità di una qualunque decisione che possa incontrare un forte dissenso in alcune particolari categorie, in questo caso i virologi del terrore e tutto l’ambaradan mediatico che per tre anni ha alimentato ogni forma di paranoia collettiva. In secondo luogo, con la scusa di meglio tutelare la salute di chiunque si trovi all’interno del proprio ospedale (dimenticando che sul piano dei decessi per infezioni nosocomiali, prima del Covid, l’Italia era al primo posto in Europa), i vari responsabili colgono l’occasione per assumere il ruolo di improvvisati sceriffi sanitari.
In sostanza, questo perdurante obbligo di uno pseudo strumento di protezione individuale, dalla valenza chiaramente apotropaica, rappresenta un odioso simbolo di sudditanza che, sebbene circoscritto all’ambito ospedaliero, non è assolutamente accettabile in una democrazia liberale. Ma forse la nostra non è più tale da tempo.
Claudio Romiti, 14 maggio 2023