Carissima Preside,
innanzitutto un saluto cordiale, sperando che questa mia la trovi bene. Mi permetto di scriverle, perché sono preoccupata da quanto sta accadendo ultimamente in Italia. Sono una religiosa, appartengo ad una Congregazione il cui fondatore, circa a metà Ottocento, ha pensato di rinnovare la società attraverso l’educazione della donna. Intuizione straordinaria che si concretizza ancora oggi, attraverso scuole e altre realtà educative presenti su tutto il territorio nazionale e non solo. La mia scelta di vita consacrata mi ha portato, conseguentemente, a dedicarmi ai giovani, agli studenti, ai loro genitori, ai docenti, alla scuola. Ecco perché ho deciso di scriverLe, con umiltà e con garbo, proprio come avrei scritto ad uno dei Presidi delle scuole gestite dall’Ente di cui sono la legale rappresentante. Come dicevo, scrivo perché mossa da una preoccupazione: le polemiche, la violenza fisica, i tafferugli suscitano in me echi tristi e drammatici di un passato nel quale tanti giovani hanno perso la vita in nome dell’ideologia, anarchica, comunista o fascista.
Quando Lei ha deciso di scrivere ai suoi studenti, immagino e spero che intendesse rivolgersi loro senza muovere alcun attacco allo Stato Italiano, al governo legittimamente eletto, alle persone dei ministri. Probabilmente il suo scritto è stato frainteso sia da chi si è sentito dare del fascista sia da chi si è sentito assolto in quanto comunista. Non ho intravisto nel suo scritto una lettura ideologica né tanto meno un invito ai ragazzi che hanno picchiato i loro compagni dei collettivi di destra a fare peggio per scongiurare il pericolo fascista che nessuno di noi intravede.
Lei, da Preside esperta, credo intendesse sedare gli animi degli studenti, tutti, insegnando che le idee non si affermano con la violenza, tutt’altro. Ogni forma di ideologia ha procurato morte, distruzione materiale e spirituale. Superfluo ricordare che tutti i nostri politici di destra hanno preso le distanze dal fascismo, come i nostri politici di sinistra hanno preso le distanze dal comunismo. Stesse colpe, stessi torti che occorre riconoscere, deprecare, denunciare. Sono certa che l’intenzione del suo scritto fosse proprio questa, anche se devo riconoscere che non è stato facile comprenderla pienamente e non leggere la lettera come un’accusa al governo di essere fascista. Non sarebbe un comportamento degno di un dirigente scolastico, peraltro un pubblico ufficiale.
Carissima Preside, davanti a certe immagini di violenza, si radica sempre più in me il sogno di una scuola che sia davvero libera e liberata dalla politica partitica, dall’imposizione di un’ideologia, dai docenti che presentano visioni parziali ai loro allievi. La politica, diceva San Paolo VI, figlio di un deputato antifascista, è la più alta forma della carità: quanto sarebbe bello se i nostri giovani fossero portati a conoscere quei fulgidi esempi di uomini e di donne che si sono dati alla politica per voler dare libertà ai loro concittadini: Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Giuseppe Dossetti, Tina Anselmi, Nilde Iotti. Spesso, Preside carissima, converrà con me che a scuola si parla di politica come contrapposizione, destra e sinistra allo scontro, si compiono azioni di proselitismo, indottrinamento e, chissà, forse si discriminano gli studenti che la pensano in modo diverso. Viene, cosi, svilita la figura del docente che si fa forza del proprio ruolo.
Per approfondire:
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Invito Lei e tutti i suoi colleghi Presidi a verificare che la libertà di espressione dei docenti non si tramuti in indirizzi di pensiero imposti agli studenti bensì sia strumento dato loro per aiutarli ad orientarsi. Non so se nella scuola italiana tutto ciò avviene. Mi auguro di sì. Forse i tempi sono cambiati rispetto a quando ero una studentessa. Ricordo le lezioni meravigliose del docente di Lettere, tanto che portai Italiano alla maturità (allora si chiamava così) ma ricordo anche le sue considerazioni politiche personali di sinistra. E purtroppo, se nei temi, esprimevo considerazioni personali lontane dalla sua visione, ahimè, il voto era gravemente insufficiente. Decisi allora di scegliere tracce meno pericolose: una bella analisi del testo poetico era certamente la via più sicura.
Sull’onda di tutto questo, si è radicata in me la convinzione che la scuola italiana deve essere libera, che non può esserci solo la scuola pubblica statale ma anche la scuola pubblica paritaria. Non a caso la legge 62/2000 che ha istituito il sistema pubblico dell’Istruzione, fatto dalla scuola pubblica statale e dalla scuola pubblica paritaria, porta la firma di Berlinguer, Luigi, non Enrico, certo, ma sempre un comunista, un comunista vero, aggiungo. Il rischio è, infatti, il monopolio educativo anticamera sempre del regime. Mi sono sempre chiesta come possa un docente imporre la propria idea su giovani studenti, ricorrendo ad un vero abuso del proprio potere. Sicuramente Lei, Preside, non avrà mai compiuto simili atti e li avrà prevenuti nel suo corpo docenti. Allo stesso modo curerà che nelle programmazioni di Letteratura italiana autori come Dante, Tasso e Manzoni godano del posto che meritano e non siano considerati dei reietti per far posto a visioni più moderne, al passo con i tempi.
Sono convinta che i fatti accaduti nella sua città possono essere un’occasione d’oro per liberare le nostre Scuole, le nostre Università da letture distorte, ideologiche e del tutto personali. Le chiedo: possiamo noi educatori avvallare l’ideologia, avvallare la visione parziale e non veritiera? Possiamo avallare la violenza e giustificarla? Possiamo fomentarla? La risposta è no: non debemus, non possumus, non volumus. Sogno un paese libero, cittadini capaci di rispettare le Istituzioni, di non servirsi del proprio ruolo, della realtà che dovrebbero servire per alimentare le guerriglie a suono di like o di firme raccolte.
Carissima Preside, abbiamo bisogno di educatori, abbiamo bisogno di docenti in possesso di cultura, quella vera, quella che presenta un periodo storico, il pensiero di un filosofo, un argomento di etica in modo obiettivo, avendo il coraggio di dire la propria opinione senza imporla, senza discriminare, senza dileggiare. Questa è la scuola di cui l’Italia ha bisogno. Diversamente continuerà l’imposizione che genera desiderio di rivalsa, odio, sopraffazione. Collaboriamo perché la scuola torni ad essere laboratorio e fucina di idee, nel rispetto delle visioni di ciascuno. Questo è il compito della scuola, da sempre. Chi l’ha fatta diventare mezzo di diffusione dell’idea dominante l’ha corrotta e resa meschinamente supina. Evitiamo di ricadere negli stessi errori del passato.
Non le sottraggo altro tempo che so essere prezioso.
Un saluto cordiale con gli auguri di buon lavoro,
sr Anna Monia Alfieri, 27 febbraio 2023