L'inattuale

Cari pacifisiti: abolire la guerra è da marziani

I conflitti non si evitano con programmi politici o con buone intenzioni ma con realismo politico e diplomazia

pacifisti

Una piccola postilla di inattualità storica per le anime pacifiste: il 1928 dovrebbe essere per voi un anno basilare. L’anno in cui fu siglato il patto Briand-Kellog (dai nomi dei negoziatori, il francese Briand e l’americano Kellog) in cui, dopo la fine del primo conflitto mondiale, le principali nazioni del mondo si impegnano a rifiutare per sempre la guerra quale strumento di risoluzione dei conflitti tra stati. In pratica un’abolizione della guerra, come vorrebbero oggi alcuni aspiranti leader di utopistiche liste politiche. Si è visto com’è andata a finire…

Neanche dieci anni dopo non solo la guerra è tornata, ma ha portato una devastazione infinitamente maggiore. Le guerre non si evitano con i programmi politici o con le buone intenzioni o con i giusti proclami. Si evitano con il realismo politico e la diplomazia, elementi questi più che mai mancanti nella nostra vacillante Unione. In questo senso non si capisce bene a cosa servano queste elezioni europee. Grazie, o a causa, della guerra, le nazioni si stanno risvegliando e l’interesse nazionale si tramuta in ritrovato nazionalismo in nome della propria salvaguardia.

La Polonia ha ritrovato la sua centralità nello scacchiere europeo; è lo stato più armato del continente nonché il vero baluardo dell’Occidente contro l’imperialismo misticheggiante russo. I polacchi si sono riscoperti un popolo forte e stanno ottenendo quello che avrebbero voluto ottenere nel 1939, ossia il ruolo di argine contro le mire espansionistiche russe, ruolo che le fu strappato dalla brutalità hitleriana.

Gli ucraini si sono scoperti anch’essi parte di una nazione, dopo anni di torpore all’ombra prima dell’Unione Sovietica e poi della rinata Russia di Putin. Le ultime dichiarazioni di Macron sulla necessità di riportare la produzione di polvere da sparo in Francia, dopo la delocalizzazione totale del 2007, in nome dell’interesse nazionale è l’ultimo elemento che racconta la ritrovata consapevolezza delle nazioni della loro identità.

In tutto questo le elezioni europee sembrano poco altro che un rito superfluo, quasi ridicolo, oltre che un enorme spreco di denaro dei contribuenti. Se non si può abolire l’inutile parlamento europeo, almeno lo si svuoti delle sue già poche prerogative e si lasci ogni potere al Consiglio dei capi di governo e alla Commissione. Tanto il deficit democratico ci sarà sempre, almeno si risparmierebbe qualcosa.

Francesco Teodori, 14 febbraio 2023

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