Il 2020 è stato l’anno del quarto d’ora – anzi, dei 365 giorni – di celebrità per i televirologi, sottocategoria dei competenti, che tanto bene hanno fatto all’Italia.
Ecco, sarebbe bello se il 2021, grazie ai vaccini, o a una repentina mutazione che renda del tutto innocuo il Sars-Cov-2, potesse liberarcene.
La zeppola della Capua
Comunque vada, non dimenticheremo la recente disquisizione da Nobel di Ilaria Capua: contagia più la zeppola o la erre moscia?
Esperta di polli, ex deputata montiana, vittima di un ingiusto procedimento giudiziario, che le è costato l’amore incondizionato dei salotti buoni e un dolorosissimo trasferimento in Florida, anche la Capua si è tuffata nel mare lucroso dell’editoria pandemica. Il suo libro, Il dopo, non è proprio un esempio glorioso di rigore scientifico. Affogate in una melassa gretina, si leggono perle come la previsione per cui i vaccini antinfluenzali ci avrebbero schermato dal Covid. Non perché ve ne fosse prova, ma perché “ne sono convinta”. Immancabile l’assoluzione del regime cinese: nel Paese, “la preoccupazione delle autorità”, all’inizio, si è “rivolta più a evitare la diffusione del panico che a informare i cittadini e il mondo” del pericolo sanitario. Il ragionier Filini non avrebbe potuto dir meglio di Xi Jinping: è un bel presidente!
Le fortune dell’ex Scelta civica le ha quantificate a maggio Panorama: “Per un contributo di 10 minuti su Skype, o dallo studio televisivo o dall’università”, appurò il settimanale dall’agente della virologa, “siamo attorno ai 2.000 euro”. A qualcuno il virus ha tolto, a qualcun altro il virus ha dato.
Quando Ricciardi snobbava le mascherine
Quanto agli ammiccamenti al Dragone, essi sono una costante della nostra classe di esperti. Walter Ricciardi, il superconsulente del ministero della Sanità, ne ha fatto una specialità. Ha accusato Londra di aver nascosto per settimane le informazioni sulla variante inglese. Alla Cina, invece, diceva “grazie”, perché ci aveva spedito i respiratori. “Fare come la Cina”, esortava il prof. Che ora vaticina: “Mascherine e distanziamento per tutto il 2021” (mentre lo zingarettiano dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, rilancia: fino al primo trimestre 2022).
Il 10 marzo, però, Ricciardi in tv sbottava: “Le mascherine chirurgiche ai sani non servono a niente, il virus penetra attraverso la garza”. E ancora, commentando un video del governatore lombardo, Attilio Fontana: “La sua mascherina è totalmente inappropriata perché genera paura nella gente”. Magari il leghista avrebbe dovuto “fare come la Cina”: preoccuparsi più di non diffondere il panico, che del virus.
Si viene colti da un sospetto: non è che i Ricciardi, o gli Angelo Borrelli (sparito dai radar dopo la stagione dei bollettini mortuari alle 18) e i Francesco Boccia, il duo che ridacchiava sui Dpi stile “Bunny il coniglietto”, fingevano che le mascherine non servissero, solo perché l’Italia non ne aveva abbastanza neppure per i medici?
Galli, balli e Guerra
Anche Massimo Galli, il tifoso dei lockdown che vuole ancora più lockdown, perché non vede “morti di fame per le strade”, a febbraio 2020 si preoccupava di sottolineare che non c’era “rischio di contagio da cinesi residenti in Italia”. Era la stagione dei sindaci con l’involtino primavera, di Sergio Mattarella che visitava la scuola cinese all’Esquilino. Un mesetto fa, Galli sentenziava: senza “l’estate allegra”, avemmo avuto 20mila morti in meno. Una banalità funzionale alla narrazione del governo buono e degli italiani indisciplinati, peraltro smentita da una semplice osservazione della curva epidemiologica. Quel che è sicuro, invece, è che almeno 10mila vite le avremmo risparmiate, se avessimo avuto un piano pandemico aggiornato.
Ma l’altro mega esperto, Ranieri Guerra, quando era capo della Prevenzione al ministero, s’è limitato a fare il copia-incolla del documento del 2006. E quando un suo sottoposto all’Oms, in un report, ha messo a nudo l’impreparazione dell’Italia, si è prodigato affinché la relazione fosse edulcorata e poi ritirata dalla circolazione. Perché l’agenzia Onu, di cui lui è il numero due, deve essere la “foglia di fico” delle scempiaggini di Roma. E non deve mettere in imbarazzo Roberto Speranza, come specificato da Hans Kluge, il direttore dell’Oms Europa.
Salvini untore
Ci sarebbe tutto un capitolo da dedicare anche a giornalisti e intellettuali di regime. Menzioniamo pochi esempi. A partire dall’attuale direttore della Stampa, Massimo Giannini. Pochi giorni fa, egli inorridiva su Twitter per la gente che era andata a fare shopping: “Buon Covid a tutti”. Ma il 31 gennaio, a stato d’emergenza ormai dichiarato, era ancora con la testa all’epopea delle Sardine: “Il vero untore è Salvini. Ha solo questa cifra, aumentare le paure degli italiani”. Gli avrebbe penosamente fatto eco il portavoce semiufficiale del Papa, padre Antonio Spadaro, che un paio di settimane dopo se la prendeva con la “concezione angustamente securitaria” innescata dai timori per l’epidemia. Per fortuna, “il cattolicesimo” (leggasi cattocomunismo) aveva “gli anticorpi per debellare” il virus della paura: riconoscere “l’estraneo e il diverso come fratello”.
Insomma, più accoglienza, più immigrati, più Erasmus, altro che timore del contagio. Peccato – è il caso di dire – che la Chiesa di Jorge Mario Bergoglio si sia poi piegata con tanta docilità ai diktat della sanitocrazia. Niente messa di mezzanotte, niente Natale, “obbedite alle autorità”.