Basta e avanza il Covid a rendere esplosiva una situazione difficile, non serve che esponenti politici ci mettano del loro, in modo del tutto gratuito, in prima serata televisiva. Eppure l’altra sera, a DiMartedì su La7, una figura solitamente attenta, come l’ex ministro Bersani, è veramente andato oltre, quando ha detto che non osa proporre che gli aiuti ai ristoratori e agli autonomi vengano dati sulla base della dichiarazione dei redditi, perché questo vorrebbe dire rovinare milioni di persone (visto che, essendo tutti evasori, prenderebbero indennizzi molto più bassi dei redditi che perdono effettivamente dal mancato esercizio, totale o parziale, delle loro attività, per effetto delle disposizioni anti-Covid).
Qualcuno dovrebbe informare l’ex ministro Bersani (ma anche chi, presente nello studio televisivo, non ha eccepito alcunché a tanta estemporaneità) che a marzo e aprile sono stati dati ad autonomi e piccole imprese due tipi di aiuti: uno, per i mesi di marzo e aprile, pari a 600 euro al mese; l’altro, per il mese di maggio, parametrato al calo dei ricavi dichiarati nel periodo di lockdown, rispetto a quelli dichiarati nel corrispondente periodo dell’anno precedente.
Per quanto riguarda il primo aiuto, ipotizzando che l’indennità di 600 euro mensili si proponesse di indennizzare la perdita del 50% del reddito dichiarato, con 14.400 euro dichiarati su base annua un autonomo già stava ampiamente dentro (e chi invece ne ha dichiarati di più ancora una volta ha capito che per lo Stato è un cretino da mungere quando guadagna e da lasciare al suo destino quando perde).
Per quanto riguarda il secondo aiuto, invece, si è fatto esattamente (e ovviamente, del resto) quello che l’ex ministro Bersani nemmeno osa proporre, perché rovinerebbe milioni di autonomi luridi evasori: si è guardato ai dati dichiarati da ciascun autonomo ai fini delle imposte sul reddito nell’anno precedente. Ci sarebbe veramente da sotterrarsi per la vergogna, ma tant’è.
Così come ci sarebbe da infuriarsi, ma è bene invece contare fino a dieci e mantenere la lucidità.
La verità è che, mentre ai massimi livelli si continua letteralmente sproloquiare, nessuno sta ponendo in modo serio il tema dei ristori per tutte quelle attività economiche che già cominciano a essere colpite da gravose restrizioni. In tempi di pandemia, lo Stato, le Regioni e i Comuni hanno il dovere di disporre tutte le restrizioni che ritengono utili a tutelare la salute pubblica, ma non hanno il diritto di addossare ad alcuni soltanto costi che devono essere sostenuti da tutti. Così come ogni legge di spesa può essere emanata solo se accompagnata dalle relative coperture finanziarie, deve essere affermato il principio che ogni provvedimento di restrizione, parziale o totale, all’esercizio di attività economiche, dalla ristorazione all’organizzazione di eventi, dalle palestre ai centri commerciali, può essere emanato solo nella misura in cui preveda lo stanziamento delle coperture finanziarie per l’indennizzo economico compensativo delle restrizioni introdotte alle attività economiche.
Si possono recuperare le ingenti risorse non ancora utilizzate degli oltre 100 miliardi di extra-deficit già stanziati, si possono stanziare nuove risorse, ma non si può prescindere da questo principio di civiltà: non si può tutelare la salute di tutti mettendola in conto soltanto ad alcuni.
Lavoratori autonomi, commercianti, artigiani e piccoli imprenditori non possono essere abbandonati al loro destino da un governo che, persino in un momento come questo, riesce a ritenere prioritario investire 2 miliardi di euro per prorogare l’estensione del bonus 100 euro a quei lavoratori dipendenti che continuano a percepire il proprio reddito di lavoro, piuttosto che a quei lavoratori autonomi cui lo Stato preclude o restringe la possibilità di lavorare.
Enrico Zanetti, 23 ottobre 2020