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Caro Conte, la pianti di fare il maestrino

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Signor Presidente del Consiglio, chi Le scrive (apprezzerà la maiuscola) non è il piccolo Tommaso. Dunque, non Le chiederò intercessioni per Babbo Natale o lasciapassare per la Befana, e nemmeno istruzioni per la corretta sanificazione delle slitte.

Desidererei solo invitarLa, con il doveroso rispetto che si impone verso un capo di governo, a non impicciarsi di ciò che non può e non deve riguardarLa.

Non si permetta mai più di darci lezioni di spiritualità o di presentarsi come maestro di riflessione interiore. Non è il suo compito. Lei non è né il nostro precettore né il nostro padre spirituale né il nostro confessore. Pur non essendo mai passato attraverso il giudizio degli elettori, Lei è solo – pro tempore – capo di un governo legittimo, fino a quando le Camere le accorderanno la fiducia. In questa veste, è titolato a varare decreti legge, a promuovere e depositare in Parlamento disegni di legge governativi, ad assumere le altre iniziative che competono al capo di un esecutivo.

Ma non deve rimboccarci le coperte né controllare se abbiamo fatto i compiti a casa. Semmai, è lei che deve rispondere di come stia usando il denaro dei contribuenti: perché si sia agito tardi e male sulle terapie intensive, sulle assunzioni di medici e infermieri, sui trasporti pubblici. Ci parli di questo: risponda all’opinione pubblica di ritardi oggettivi e devastanti. Dia conto di come ha operato per adempiere agli obblighi e ai doveri che la riguardano.

E la smetta di usare il servizio pubblico radiotelevisivo (anche quello, pagato da tutti i contribuenti) per operazioni che sembrano una versione taroccata e greve dei Cinegiornali dell’Istituto Luce. Mi creda, anche perché è meglio credere a un critico duro e leale che non ai laudatores che la molleranno molto presto: quando questa stagione sarà trascorsa e si rivedranno le immagini che ogni sera i tg restituiscono di lei (fronte aggrottata per la preoccupazione paterna verso i sudditi; camminate a passo svelto nei corridoi del palazzo, rigorosamente in corsa verso il nulla; esame delle sudate carte alla scrivania), si riderà di questo materiale posticcio e prefabbricato. Si riderà di chi ha avuto l’idea di girarlo, costruendo una fiction, un reality-show (per paradosso, proprio mentre la realtà vera propone un’autentica tragedia economica e civile), e si riderà di chi lo trasmette, dagli schermi di una tv pubblica, confondendo l’informazione ai cittadini con la propaganda.

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