Il 10 gennaio del 49 avanti Cristo, Giulio Cesare varcava il Rubicone per dare inizio alla guerra civile con le famose parole: “alea iacta est”, “il dado è tratto”. Lunedì 10 gennaio 2022, 2071 anni dopo, con uno stato d’animo simile a quello del Senato romano di allora, il nostro Parlamento aspettava le parole di Draghi nella conferenza stampa, convocata per le 18, per vedere come avrebbe gettato i suoi dadi. Purtroppo già alle 18,10 si è capito che il dado non sarebbe stato gettato e Draghi avrebbe continuato la sua navigazione, sperando nel favore del vento attuale. Ma il vento, temo, non sarà favorevole ancora a lungo e molti partiti di quella che chiamiamo “maggioranza” cominciano a scalpitare, mentre la fase uomo della provvidenza soccomberà, all’avvicinarsi della prima chiama per il Quirinale.
Draghi e la paura dei parlamentari
Giulio Cesare in modo inequivocabile, voleva disfarsi di ogni avversario e incoronarsi al vertice di quella che ancora per poco sarebbe stata una Repubblica. Draghi, meno combattivo e privo di cavalli e legioni, vorrebbe governare la nostra Repubblica grazie alla paura di andare a casa degli scemi del villaggio, alla sua pretesa terzietà istituzionale ed al suo indiscutibile carisma internazionale. Dico questo perché, malgrado il sincero sentimento democratico del presidente Draghi, sembra che una diffusa narrazione stia lavorando per presentarlo come l’uomo forte, salvatore della Patria, necessario ed insostituibile per rassicurare i mercati e gli italiani.
L’ostacolo Berlusconi sulla strada del premier
Intanto sul mercato politico, il Pd è ancora in “cerca d’autore”, i centristi non si mettono d’accordo se essere liberali, riformisti, un po’ e un po’ o solo opportunisti ed il gruppo parlamentare degli scemi del villaggio, in pieno tafazzismo, si sta condannando ad essere ininfluente. Come al solito il solo ad avere una strategia sembra essere Berlusconi che, senza fare ipocritamente mistero delle sue intenzioni, sta disponendo le sue pedine. E fuori dal Palazzo la maionese impazzisce: i no vax si confondono con i terrapiattisti mentre hanno ancora il dubbio se essere forconi o popolo viola, e tutta l’idiozia marginale che da anni funesta le piazze sta rialzando la testa, conquistando titoli di giornale e spazio sui talk show. E riemerge il vecchio “ceto medio riflessivo”, quello che non esiste ma rappresenta Tomaso Montanari come diceva Crippa sul Foglio, che si indigna, soffre, twitta e alla fine serve solo a piazzare qualcuno in Parlamento senza rappresentare nessuno.
Il Paese in attesa
Poi ci siamo noi quelli che: primo vaccino, fatto. Secondo vaccino, fatto. Vaccino antinfluenzale, fatto. Booster, fatto. Mettiamo la Ffp2 quando richiesto e nel complesso della giornata tendiamo a farci i cavoli nostri, conducendo una vita quanto possibile normale. Insomma i cittadini che pazientemente sopportano le emergenze senza dimenticare la libertà. Ci fidiamo della scienza e siamo convinti che le regole stabilite da due governi che, per ragioni diverse, non ci piacciono sono fatte per salvaguardare un interesse generale e le seguiamo seppur criticandole. Siamo gli italiani che grazie ad una efficace organizzazione vaccinale gratuita, una app che funziona e una buona dose di responsabilità individuale, si sentono cittadini Europei: responsabili, altruisti, fiduciosi nelle istituzioni.
Poi apriamo il giornale e leggiamo le parole obbligo vaccinale e tutto quello che credevamo giusto si dissolve in un momento facendoci tornare nel Paese che conoscevamo: irresponsabile, arruffone, sempre alla ricerca di una guida o di una scorciatoia. Sia chiaro non ci sentiamo sudditi perché il governo si è comportato da sovrano, ci sentiamo sudditi perché abbiamo compreso di vivere in un Paese che ha ancora bisogno di un sovrano. Non sappiamo ancora chi sarà il sovrano, ma il Rubicone è stato passato e la disputa sta per cominciare lasciando sul campo ambizioni, speranze e rancori.
Non è più il momento della tattica, è il momento della chiarezza. Basta con le riserve della Repubblica, pronte a “sacrificarsi” per la Patria, vogliamo la politica. Un governo con un programma ed una maggioranza definiti e stabili; uomini e donne capaci di rappresentare una maggioranza; un presidente del Consiglio capace di dirci per chi vota senza vergognarsene; un Presidente della Repubblica capace di rappresentare ciascuno cessando di essere uomo di parte.
Con una accortezza che suggeriamo a Draghi, si sbrighi a fare chiarezza delle sue legittime aspirazioni e del suo posizionamento politico, il 24 gennaio si comincia a votare per il Quirinale e il 15 marzo non è lontano. Per chi non lo ricordasse il 15 marzo nel calendario romano sono le idi di marzo ed è il giorno della morte di Giulio Cesare per mano di un gruppo di congiurati o più attuali franchi tiratori.
Antonio De Filippi, 13 gennaio 2022