“La manovra richiederà sacrifici da tutti”. Così si è espresso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nel corso dell’evento di Bloomberg Future of Finance Italy. In particolare Giorgetti ha precisato che verranno tassati “i profitti e i ricavi, e sarà uno sforzo che l’intero Paese deve sostenere ovvero individui, ma anche società piccole, medie e grandi”. Dopodiché la borsa di Milano ha immediatamente reagito perdendo quasi il 2%. Evidentemente ai mercati finanziari non piace affatto l’idea di aggiustare il nostro sempre traballante bilancio pubblico raschiando ulteriormente il fondo del barile della già elevatissima pressione tributaria allargata.
D’altro canto di fronte ad una opposizione in ripresa che, capeggiata da una estremista come Elly Schlein, ribadisce la folle ricetta di aumentare l’intervento pubblico in ogni settore dello Stato, promettendo nel contempo di non inasprire le tasse, è comprensibile che ci governa sia terrorizzato solo dall’idea di tagliare qualche rimasuglio della nostra colossale spesa pubblica.
Tuttavia se ci troviamo nella difficile esigenza di riportare entro il 2026 il disavanzo dello Stato nei limiti del 3% del Pil – che per come siamo messi è comunque un livello ancora troppo alto -, lo dobbiamo essenzialmente alle follie messe in atto durante la pandemia, sotto la guida di un premier grillino, che hanno paralizzato l’economia del Paese, culminando con le realizzazione di una delle più dissennate misure della storia repubblicana: il bonus edilizio 110%.
Le parole di Giorgetti: “Ci rivolgiamo a tutti, perché in questo momento prevalentemente taglieremo spese, ma sicuramente un concorso per quanto riguarda le entrate ci sarà. Non ci sarà la replica della narrativa e della discussione sugli extraprofitti bancari. Ci sarà una chiamata di contribuzione per tutti, non semplicemente per le banche, ma ragionata e razionale”.
Tant’è che la stessa Giorgia Meloni, perfettamente consapevole della grave situazione dello finanza pubblica, all’indomani del suo insediamento a Palazzo Chigi parlò chiaramente al Paese, spiegando che ci trovavamo a percorrere un sentiero molto stretto. Un sentiero reso ancor più difficile da un aspetto che in troppi in questo disgraziato sistema non prendono nella dovuta considerazione: la sostenibilità del nostro colossale debito sovrano. Sostenibilità che, per dirla in poche parole, rappresenta la capacità del Tesoro di pagare a tempo indeterminato gli interessi sul medesimo debito. Ciò significa che, esclusa a priori l’irrealistica opzione di uscire dalla moneta unica, occorre mantenere una accettabile – per i mercati – disciplina di bilancio, tale da non far salire i tassi d’interesse ad un livello eccessivo.
Le parole di Giorgetti: “È uno sforzo che tutto il sistema Paese deve fare: i privati, le Pmi e soprattutto la Pa che sarà chiamata a essere molto più performante e produttiva. Quindi, fare risultati migliori con spese inferiori”
Ora il problema è sempre lo stesso di sempre, ogniqualvolta ci troviamo ad effettuare una improrogabile correzione dei conti; ovvero scegliamo sempre per ragioni di consenso la strada più “facile” delle tasse, seppur queste ultime vengano presentate sotto le più fantasiose diciture. Tant’è che, messa in soffitta la più scomoda definizione di extra-profitti, il bravo Giorgetti ha negato di “replicare tale narrativa”, ma ha spiegato che si tratta semplicemente “di tassare determinati utili in modo corretto”.
La precisazione del Mef: “Non è allo studio nessuna nuova tassazione per gli individui mentre le aziende più piccole sono già interessate al Concordato biennale preventivo”
Nella sostanza, però, a prescindere dai diretti interessati a questa ennesima spremitura fiscale, nel complesso l’intero sistema subirà gli effetti di ciò che gli economisti definiscono come la traslazione dell’imposta. Meccanismo perverso che tende, ovviamente, a scaricarsi più pesantemente sui ceti meno abbienti della popolazione. Ceti meno abbienti che già sono stati massacrati dal principale effetto delle succitate follie di bilancio realizzate dai precedenti governi, attraverso la più iniqua e regressiva delle tassazioni: l’inflazione.
Ebbene, nell’ambito di un sistema democratico nel quale chi tocca i fili dei cosiddetti diritti acquisiti viene fulminato politicamente, privilegiare ancora una volta l’aumento dell’entrate a scapito di una sempre più chimerica spending review non manderà certamente il nostro sistema economico in orbita, per così dire, ma consentirà all’attuale maggioranza di vivacchiare quasi certamente fino al termine della legislatura. Non credo ci sia molto altro da aggiungere.
Claudio Romiti, 4 ottobre 2024
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