Caro Nicola, combatto per la Bellezza Vivente: ecco perché mi candido in Lombardia

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Qualche caro amico mi ha chiesto che cosa un professore di filosofia estetica possa fare nel Consiglio Regionale della Lombardia. Insomma, mi si presenta la fatidica domanda: “Perché mai ti candidi?”. Approfitto dell’amicizia che mi lega a Nicola Porro per spiegarlo.

Stiamo affrontando una stagione di grandi cambiamenti. La globalizzazione rende la competizione sempre più tumultuosa, la città come fenomeno sociale, caratterizzato in gran parte del Novecento da quella grande conquista di libertà di movimento che è l’automobile, è di fronte all’esigenza di ripensarsi: la cosiddetta riconversione ecologica comporta non solo nuove visioni ma anche nuovi investimenti in strutture ed edifici.

Queste scelte, che enfaticamente potremmo chiamare epocali, implicano diverse evidenti competenze, come quelle economiche, tecnologiche, finanziarie, umanitarie talvolta, però si trascura un principio essenziale: la Bellezza. In breve, troppo spesso si dimentica l’anima ambrosiana che guarda alla bellezza, quella che ha edificato basiliche in uno dei più affascinanti stili romanici che possieda l’Italia, architetture civili nella geniale visione leonardesca e la grande arte che si sviluppa grazie al governo illuminato dei Visconti e degli Sforza. Tutto questo avviene nello spirito di una Bellezza Vivente.

Parte notevole della produzione lombarda, a partire dalla moda, dall’industria del mobile, dal design, dall’artigianato – da quello del lusso a quello più funzionale alla praticità quotidiana – ha un’eccellenza particolare perché esso custodisce secoli di cultura del bello, intrecciatasi con la cultura tecnico-scientifico-economica, propria, appunto, della grande energia dello spirito ambrosiano.

Si fa fatica a riconoscere questa bellezza? A trovarla nella nostra città? Certo, questa bellezza è stata aggredita e violentata davanti ai nostri occhi dalle orribili periferie. Il brutto che ci appare nel modo più immediato ed evidente. È inevitabile e giusto che si costruiscano case popolari, ospedali ma quelli progettati nei primi decenni del Novecento nessuno si sognerebbe di abbatterli e sono tutti documentati nei libri d’arte. Milano è la città della Bellezza Moderna grazie alla geniale generazione dei razionalisti, dei Portalupi e dei Muzio, di Mario Terragni, Giuseppe Pagano, Franco Albini, Ernesto Rogers, Piero Bottoni. Una generazione che dialogava con i Futuristi, con artisti come Mario Sironi, Lucio Fontana, Osvaldo Licini. E vogliamo dimenticare la simbolica Rinascente dannunziana che si affaccia sulle guglie del Duomo, come “pensieri aguzzi dei lombardi”.

La Milano moderna viveva con la velocità della macchina, si sviluppava attraverso una razionale viabilità che, attraversando i suoi viali alberati, portava verso la campagna. La Bellezza Moderna univa Milano alla Lombardia con il suo sistema organico di trasporti, e non saranno le piste ciclabili a restituire a Milano questa bellezza.

E poi, ancora, si potrebbe ricordare, a chi è impegnato in scelte ecologiche per la produzione di energia, al modo in cui vennero costruite le dighe e le centrali idroelettriche della Valtellina, funzionali all’economia lombarda, ma anche espressioni di una originale bellezza, quasi inedite cattedrali edificate dalla tecnologia.

Caro Nicola, se intanto questo può essere una sufficiente premessa, riconoscimi il titolo di essere, per meriti professionali, il combattente per una Bellezza Vivente, necessaria allo sviluppo di Milano e a ciò che vive sotto l’affascinante cielo della Lombardia.

Stefano Zecchi, 17 gennaio 2023

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