Egregio Dott. Porro,
non è la prima volta che mi rivolgo a Lei per segnalare sempre più frequenti situazioni che poco hanno a che vedere con un paese “minimamente normale”. La professione che svolgo mi porta giornalmente a interfacciarmi con i clienti, con i loro problemi di lavoro e soprattutto con le ansie conseguenti a velate minacce che il cosiddetto “fisco amico” continua porre in essere.
Sono un commercialista di campagna, quelli che svolgono una professione oramai invisa sia ai burocrati romani che ai clienti. Non so se debba essere considerata la nostra una “missione”, non credo, fatto sta che ogni giorno raccogliamo le miserie di un paese incarnato dall’italico contribuente sempre più suddito e delinquente per lo Stato. Orbene vengo al punto che mi sta più a cuore in questo momento.
Ricordo le parole della premier Meloni che in una delle sue prime uscite pubbliche ebbe a dire che il Suo governo aveva in animo di “Non disturbare chi vuole lavorare e produrre ricchezza”. Ricordo ancora di più però le dichiarazioni esternate il 22 agosto 2023 dal vice ministro Maurizio Leo al Meeting di Rimini, il quale ebbe a dire: “Anche io sono convinto che il fisco deve essere amico e collaborativo con tutti coloro che adempiono correttamente i loro obblighi tributari e osservano tutte le regole, là dobbiamo essere assolutamente disponibili ad un dialogo. Però al tempo stesso dobbiamo essere inflessibili nei confronti di coloro che violano le regole tributarie. Questo è il nostro obiettivo: mano tesa ai contribuenti corretti, ma al tempo stesso inflessibilità nei confronti degli evasori”.
Che cosa intendeva il vice ministro per fisco amico e collaborativo? Francamente dopo due anni di questo nuovo governo sul fronte tributario i risultati sono pessimi per non dire indecenti e lo sostiene chi Le scrive sia come elettore di centrodestra ma anche e soprattutto di semplice addetto ai lavori. Se in questo paese esiste un problema magistratura, esiste anche un problema Agenzia delle Entrate, un organismo statale che ha preso il sopravvento totale sulla politica, una politica incapace se non a parole, di contrastare una deriva illiberale e da stato di polizia tributaria che in vent’anni di professione non avevo mai
Potrei elencare le famose lettere di compliance, spesso e volentieri piene di errori macroscopici a cui nessun burocrate dell’Agenzia delle Entrate ovviamente ha posto attenzione e che obbligano i contribuenti e i di loro consulenti a perdere tempo e denaro per chiarire ovvietà procedurali e dati già in possesso della stessa. Perdite di tempo e denaro che non si concludono nemmeno con un suggerisco: “Ci siamo sbagliati, scusate per il tempo che vi abbiamo fatto perdere.” magari a firma del Direttore Generale Ernesto Maria Ruffini o di un Suo sottoposto di rango.
Niente, tutto ciò è impensabile per un paese che sempre di più si avvicina alla Repubblica Popolare Cinese non agli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, complice la norma sul cosiddetto concordato preventivo biennale 2024-2025 ai contribuenti autonomi, ossia i titolari di partita Iva, sono state recapitate migliaia di lettere da parte dell’Agenzia delle Entrate dove, oltre a proporre l’accordo e i cosiddetti “benefici” che ne sarebbero divenuti, si invitata anzi si suggeriva caldamente di aderire allo stesso per evitare futuri problemi. Cit. “L’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di Finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”. Secondo Lei questa frase è il frutto del cosiddetto rapporto collaborativo e di amicizia tra fisco e contribuente, oppure una palese minaccia degna di un soggetto mafioso?
Ma veniamo a qualche giorno fa. Non è passato nemmeno un mese dalla presentazione della dichiarazione dei redditi anno 2023 anche per i lavoratori autonomi ed ecco che il “fisco amico” invia nuove letterine ai contribuenti titolari di partita Iva. All’interno delle stesse, oltre ad informarci delle loro banche dati in continuo aggiornamento e che hanno in essere un enorme patrimonio informativo (mi piacerebbe chiedergli se hanno contezza di chi e come gli vengono forniti tutti questi dati….. e qui sarebbe un altro discorso), ci fanno presente fra le altre cose che “In tale contesto è stato rilevato che la sua dichiarazione per l’anno 2023 indica un reddito derivante da attività d’impresa inferiore a quello dei dipendenti che lavorano nello stesso settore economico. Questo aspetto, in assenza di giustificazioni oggettive, può essere considerato anomalo”, e conseguentemente ci suggeriscono di porre rimedio integrando la dichiarazione 2023 e aderendo al concordato preventivo biennale (ancora aperto) per il 2024 e 2025, il tutto a firma del supremo Direttore Centrale piccole e Medie Imprese Dott. Salvatore Cortese…
Ma veramente questo è il fisco amico tanto sbandierato da questo governo? Sono queste le modalità con le quali una burocrazia sana che fagocita miliardi di risorse ai contribuenti deve interloquire con i cittadini contribuenti dandogli dei delinquenti tributari? Che cosa significa che il reddito derivante dall’attività d’impresa è inferiore a quello di un dipendente? Secondo loro i lavoratori autonomi dovrebbero avere redditi sempre superiori ai lavoratori dipendenti? Forse non si sono resi ancora conto che il mondo e la realtà fuori dall’Agenzia delle Entrate è ben diverso da quello che pensano e scrivono.
Da diversi anni a questa parte, professionisti, lavoratori autonomi, piccole e medie imprese che sono sempre stati il ceto medio, non solo soffrono, ma spesso e volentieri arrancano per tenere in piedi la baracca. C’è un limite a tutto e ritengo che la misura sia colma. Non siamo sudditi o delinquenti, siamo contribuenti onesti fino a prova contraria e la prova contraria la devono dimostrare loro con i fatti e non minacciando.
Con stima MM
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