Caro Nicola,
ti scrivo per chiederti di parlare di un argomento che non viene quasi mai trattato durante questa pandemia in salsa di politically correct: mi sono ammalato di depressione per colpa del governo.
Un anno e mezzo fa mi sono lasciato con la fidanzata storica e il 2020 lo avrei voluto passare cercando di ricostruirmi una vita, cosa che la pandemia non mi ha permesso o meglio che i decreti scellerati di Conte e company non mi ha permesso. Purtroppo, dico purtroppo perchè al giorno d’oggi sento che è un problema, sono una persona parecchio sveglia e spesso mi sembra di camminare in un mondo che non mi appartiene, pieno di finto perbenismo che non serve a niente, di mega discussioni galattiche su argomenti del tutto inutili sulla scena pubblica mentre ci si dimentica che oltre a dei cittadini, con doveri (e diritti?) siamo anche esseri umani.
Ogni volta che mi è capitato di incontrare una ragazza che mi piaceva, il “re Sòla” ci ha presentato in mondovisione di fascista reminiscenza un decreto che ha spazzato via ogni probabilità di incontrarla e costruirci qualcosa… ero riuscito a convincere la ragazza più gioviale è compatibile con me che io abbia mai conosciuto in vita a passare tre giorni con me all’estero e una chiusura qui una chiusura lì è sfumato tutto, le mando un mazzo di rose a casa ed ecco che veniamo di nuovo rinchiusi.
E lavorando finisco proprio a ridosso delle 22 e il fine settimana non ci è permesso nulla… a causa delle zone colorate, dei coprifuochi e delle altre vane promesse del ducetto di Foggia e dello stress causato nelle menti di tutti noi nel primo lockdown nel gruppo di amici siamo diventati freddi: gli argomenti scarseggiano, le videochat si sono trasformate dapprima in un palcoscenico di facce spente fino a quando i vari software hanno smesso di suonare, non c’è più voglia di parlare, di organizzare, di programmare, di sperare.
Ho poco più di 30 anni e mi sento privato della mia anima e della mia esistenza, della mia gioia di vivere, del senso stesso di continuare ad andare avanti in una società che di me e di quelli come me poco se ne importa, io che sono un giovane imprenditore, anche di buon successo, che ho perso diversi anni a costruire una solida realtà commerciale e contribuisco ad una nazione che mi rifiuta, che sembra urlarmi di scappare via, di abbandonare la terra natia per fuggire dove un essere umano si possa sentire realizzato, dove esiste ancora il diritto di sorridere ad un amico, dove potere, perché no, costruire una famiglia che purtroppo qui in Italia Conte, Speranza, Boccia e questo governo di scappati di casa mi ha portato via.
Sono ammalato di depressione, ho smesso di parlare anche con i familiari, tanto si parla solo di Covid e del decreto del giorno, ho ribrezzo della televisione, i videogiochi, i libri, le serie tv sono finite, sono prigioniero libero di pagare tasse e produrre in casa mia, e quando leggo “scongiurato il pericolo di controlli nelle abitazioni” rabbrividisco. Chiedo quindi a voi più adulti di me, come fate a non scendere in strada, a non incazzarvi (mi scusi il termine) guardando gli occhi dei vostri figli che si spengono? Come fate a non desiderare una guerra civile che porti il governo ad un patibolo senza ghigliottina ma che li costringa a guardare mentre il popolo si riprende ciò che gli appartiene?
Sono sceso in piazza nel mese di ottobre e cercato di convincere altri a farlo ma ho trovato solo disappunto a sinistra e “ma che lo fai a fare?” a destra. Rassegnazione, ovunque rassegnazione: quando finirà tutto questo? Ho pensato più volte anche di farla finita, non sono un fallito ripeto sono un imprenditore di successo, ho un bel gruzzolo per la mia età ma non posso spenderlo.
Ho acquistato una nuova auto appena finito il primo lockdown ma non ho potuto ancora guidarla, non ho potuto viaggiare, io che andavo fino al 2019 almeno tre volte l’anno all’estero, ma sono stanco di essere considerato un codice fiscale, un untore da chiudere in casa solo perché sono un irresponsabile che vorrebbe conoscere una donna con cui andarsene dalla casa della mamma, perché no, non siamo bamboccioni, non tutti per lo meno. Ma l’Italia ci ha tarpato le ali quando eravamo piccoli, e ci prende a pesci in faccia ora che contribuiamo alla cosa pubblica con il nostro impegno.