Buongiorno Nicola,
ieri, dopo uno degli ennesimi sabati chiusi in casa sono crollata. Non come una con una crisi di nervi perché casa, figli, marito e tanto altro mi hanno stressato, ma perché oggi ho preso atto che tutto è cambiato e anche la mia famiglia, che fino a ieri consideravo privilegiata, si sta sgretolando sotto i miei occhi e per la prima volta mi sento impotente perché questo “mostro” sta diventando sempre più forte.
Non sto qui a fare sterili piagnistei sul lavoro, il non ristorante, i non incontri con gli amici o la fatica per i vaccini, torno a ripetere mi sento privilegiata economicamente, vivo in un posto bellissimo, in una casa bellissima e siamo tutti in salute, ma oggi ho guardato i miei figli e, per motivi diversi, la realtà mi è sbattuta in faccia con una crudeltà inimmaginabile. Ho due figli, 17 e 15 anni, due ragazzi belli e sani, molto diversi tra loro ma sono sempre stata orgogliosa di come stavano crescendo. Sereni, educati, costruttivi. Normali ragazzi con amici scuola, uno più sportivo l’altro più sociale. Insomma due normali adolescenti soprattutto equilibrati e questo era il mio più grande motivo di orgoglio.
Oggi, mentre passava il monotono pomeriggio, ho cominciato a sentire urla e forti colpi. Mi è bastato poco per capire che era il piccolo che giocava alla play station unico sfogo oltre lo studio per lui abituato ai campi di calcio alla bici ed agli amici. Come in ogni casa c’è stata un po’ di alterazione cercando di togliere play e telefono ma poi ho visto i suoi occhi… erano vuoti, avevano perso la loro vivacità. È stato un cazzotto allo stomaco. Tornata la calma, mi sono resa conto che sto perdendo i miei ragazzi. Questo isolamento da tutto li sta facendo sprofondare lentamente nel nulla. Per quanto abbiano ognuno una loro stanza con tutti i confort e possano fare una passeggiata sulla spiaggia cosa hanno ormai.
Vivono con gli occhi che passano da uno schermo all’altro, la socialità è solo attraverso quello, la scuola è solo attraverso quello ed ormai anche lo sport. Ripenso a me a quell’età, sarei morta. Eppure loro si sono adattati, noi avremmo fatto la rivoluzione, invece a loro stiamo facendo credere che con computer, telefonini e tablet si può vivere ed invece stiamo uccidendo lentamente i loro anni più belli quelli dei sensi delle prime vittorie e delle prime sconfitte sui campi del vita che ci si apre davanti. In questo periodo mi guardavo intorno e mi sentivo fortunata e pensavo che tutto si sarebbe sistemato.