Ho deciso di pubblicare la lettera inviatami da una mamma, attualmente in quarantena perché risultata positiva al Covid insieme al marito e alla figlia. Il paradosso che ci ha fatto notare è che il figlio di 19 anni, pur essendo risultato negativo al tampone, è costretto a stare in isolamento totale perdendo così la scuola, lo sport e la sua vita da adolescente. Leggete perché.
Dott. Porro buongiorno,
mi rivolgo a lei come unico baluardo di coloro che stanno subendo la follia della burocrazia da Covid. Mi chiamo Isabella Mugnaini, le scrivo dalla civile provincia di Firenze, e dal 5/10 insieme a alla mia famiglia, composta di quattro persone (marito e due figli) siamo in quarantena obbligatoria. Questa la situazione.
Mia figlia quindicenne e asintomatica è risultata positiva a seguito di un caso verificatosi in classe, il 4/10. Come contatto stretto, abbiamo fatto tutti il tampone il 6/10: mio marito ed io siamo risultati positivi (qualche sintomo, niente di particolare, e senza febbre), mio figlio 19 anni negativo. Dalla segnalazione del caso in classe di mia figlia, avvenuta il 1 ottobre abbiamo rispettato con maggior rigore i protocolli, distanziamento, mascherina, sanificazione delle mani, dalla rilevata positività di mia figlia (avvenuta il 4/10) abbiamo attuato l’isolamento. Mio figlio dal 2/10 ha immediatamente smesso di andare a scuola e si è blindato letteralmente nella sua camera.
Fortunatamente abbiamo una casa grande, ognuno può beneficiare del proprio spazio e del proprio bagno. Oggi, dopo 10 giorni dal primo tampone (domani è fissato il secondo, per me e mio marito, mentre mio figlio lo ha già fatto ed è in attesa dell’esito), siamo stati contattati dal servizio di igiene della Usl per chiedere come gestiamo la situazione familiare. Abbiamo rappresentato che stiamo distanziati, e che attuiamo tutte le precauzioni del caso soprattutto con mio figlio che è in isolamento totale, e il cui unico contatto con noi è il passaggio di cibo.
Qui il paradosso. Il contatto con il cibo, preparato da me che non uso la mascherina per cucinare, o delle stoviglie, può essere per mio figlio fonte di contagio per cui arriverà a breve un altro provvedimento di quarantena per lui che è negativo da sempre. L’idea che per difenderti dallo Stato inquisitore devi raccontare balle mi fa impazzire! Per assurdo mio marito ed io, domani faremo un altro tampone potremmo essere negativi e tornare alla vita, ma mio figlio, se il tampone appena fatto risulterà ancora negativo, dovrà invece rimanere in isolamento perdendosi la scuola, lo sport e la sua vita da adolescente.
Mi sono arrabbiata. Al telefono ho inveito contro la Usl e questa sottospecie di Stato che considera fonte di contagio il cibo che preparo per mio figlio (mi chiedo se al riguardo ci sia una evidenza scientifica), ma non il bus stipato di ragazzi che dovrà prendere, la mattina, quando tornerà a scuola. Viviamo il tutto come un sopruso, un’ingiustizia… lo Stato patrigno può disporre delle nostre vite a suo piacimento, basta considerare contagioso un battito di ciglia ed il gioco è fatto.
Non sono una negazionista, tutt’altro, ho usato la mascherina quando ancora in televisione virologi & C. dicevano che non serviva ed il Sig. Zingaretti si faceva l’aperitivo a Milano. Credo nel rispetto delle regole e nella necessità di essere prudenti, ma non tollero più questa caccia all’untore e questo terrorismo che annichilisce ogni speranza. Chiedere un costruttivo richiamo al senso di responsabilità, in questo Paese, sembra chiedere troppo.
Con stima per il lavoro che svolge e per la sua battaglia contro l’imperversante annientamento da Covid che si va attuando.
Isabella Mugnaini, 16 ottobre 2020