Caro Nicola,
sono un uomo convintamente di sinistra, che però in questi mesi ha dovuto riconoscere come solo pochi e isolati giornalisti di destra si stiano opponendo alla follia che dilaga oltre ogni immaginazione fantascientifica. Da professore universitario, mi accingo a preparare il terzo trimestre consecutivo in modalità a distanza, esami compresi, dei quattro trimestri che compongono una laurea magistrale.
Ovviamente per un professore è una cosa bellissima far lezione in pigiama, con in mano una tazza di caffè, cazzeggiando poi per il resto della giornata a spese dei contribuenti, essendo oramai pressoché impossibile lavorare in presenza con il mio team di ricerca (le università hanno infatti protocolli molto più stringenti rispetto all’industria, non solo nei confronti degli studenti ma anche fra colleghi). Sto però seriamente cominciando a chiedermi quale atrocità stiamo compiendo verso un’intera generazione di giovani, destinata a laurearsi con esami farsa dopo aver guardato qualche ora di video-lezione, e che domani sarà destinata a dirigere questo paese.
Non essendo un medico, e quindi non potendo secondo l’attuale pensiero dominante esprimere ragionamenti sensati, in questi mesi sono stato osteggiato da molti, colleghi compresi, che mi hanno definito come il “fanatico della didattica in presenza”. Ho però un dottorato in modellazione numerica, e quindi qualche conto elementare penso di poterlo fare: il fantastico piano Arcuri prevede a pieno regime 470 mila dosi di vaccino inoculate ogni settimana; ogni persona richiede due dosi per essere immunizzata, di conseguenza per coprire l’intera popolazione escludendo imprevisti occorreranno almeno 255 settimane, ovvero quasi cinque anni, e non uno come tutti i media vanno ripetendo all’unisono. Mi chiedo se qualcuno ai piani alti abbia mai provato a fare questo conto, o se si diano per scontati cinque anni di lockdown come sostengono i complottisti più beceri (che a quel punto avrebbero ragione).
P.s. Non sono ‘negazionista’, nel senso che non nego l’esistenza del virus, e neppure un no vax. Non sono nemmeno un no mask, anche se penso che indossare una mascherina all’aperto distanziato da altre persone sia un comportamento piuttosto insensato (come del resto sosteneva il mitico Ricciardi durante il primo lockdown), ma sono un cittadino che comincia ad essere piuttosto incazzato, anche perché sono pure maestro di sci.
Un caro saluto,
M.G., 5 gennaio 2020