Caro Nicola,
sono una cittadina svizzera residente in Canton Ticino. Mi sono recata in Italia a Como per un incontro di lavoro, transitando davanti a una vetrina in una città pressoché deserta, mi ha attirato l’attenzione un prodotto di abbigliamento. Sono entrata e ho acquistato due regali per Natale, accolta con grande cortesia e gentilezza quasi fuori dall’ordinario dalle commesse in un negozio che evidentemente da ore non riceveva clienti.
Una volta arrivata in Dogana, sono scesa per effettuare le procedure di tax free dichiarando la merce, ma sono stata bloccata da finanzieri (divise grigie) che mi hanno informato che avevo commesso un reato, non per l’appuntamento di lavoro ma per la “deviazione” effettuata. E poco importava che il negozio si trovasse sul tragitto fra il luogo dell’appuntamento e il parcheggio.
Mi hanno dato tre alternative:
1. Pagare la sanzione di 300 euro.
2. Lasciare la merce da un conoscente a Como attendendo che la Lombardia si trasformi da zona arancio a zona gialla.
3. Non effettuare il tax free fare come i vecchi spalloni italiani, ovvero transitare di contrabbando.
Ho optato per la soluzione più ragionevole, telefonare a un amico di mia figlia e lasciargli la merce in custodia, sperando in un cambio di colore. Quello che non ho potuto lasciare in custodia è stata il ricordo della gentilezza delle commesse e una considerazione di base: se uno straniero compra merce in un negozio italiano deserto non è un bene per gli italiani?
Anna Bendinelli, 4 dicembre 2020