Caro Porro, ho 21 anni e non sono un criminale

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ragazzo mask

Riportiamo di seguito una lettera inviataci da un ragazzo di 21 anni di Reggio Calabria che ha voluto condividere con noi alcune riflessioni sulla vicenda giovani e discoteche. Non ci sta a essere trattato come un criminale e in questa lettera urla tutta la sua contrarietà.

Caro Porro,

mi chiamo Domenico, sono uno studente universitario di 21 anni e le scrivo poiché non ne posso più di questa ingiusta criminalizzazione dei giovani che ci viene propinata in questo periodo da alcuni media e non solo. Hanno chiuso le discoteche limitando la libertà delle persone di andare a ballare la sera e affondando così il business della movida notturna e tutti coloro che vi lavorano. Ma questo non bastava. Già, perché dopo la limitazione di una libertà segue la caccia ai colpevoli, ossia a coloro i quali hanno determinato tale limitazione, che in questo caso sono stati identificati nei giovani (tra i quali mi inserisco ovviamente anch’io).

Ci hanno definito “criminali” poiché rei di esserci recati in discoteca senza aver mantenuto il distanziamento fisico. Magari per ballare insieme ai nostri amici o per tentare un approccio con una ragazza/o. Che comportamenti da mascalzoni. In discoteca poi. Assurdo. Ci hanno definito “incoscienti” per non aver indossato la mascherina in discoteca. Incredibile. Abbiamo ballato senza mascherina. Chissà in quale girone dell’Inferno finiremo. Ci hanno definito “untori” poiché gli unici ad aver contribuito ad un lieve aumento dei contagi. Poco importa che i porti siano spalancati da mesi ormai e che vengano fatti sbarcare giornalmente centinaia di immigrati positivi. Chiaro, i porti non sono una discoteca. Ci hanno definito “irresponsabili” perché nel mese di agosto ci è saltato in mente di farci qualche giorno di vacanza con i nostri amici in delle mete turistiche. Che imbecilli, in estate ci vengono queste malsane idee.

Questi sono solo alcuni dei “gentilissimi” termini che ci sono stati attribuiti, e con cui si sta cercando di portare avanti una vera e propria criminalizzazione dei giovani. Un processo orchestrato ad hoc per cercare di creare panico e paura tra la popolazione. Mascherine sotto i piedi, le notti senza memoria dei ribelli della riviera scrive Repubblica. Coronavirus, l’allarme tra i più giovani: decuplicati i contagi scrive il Corriere della Sera. E così tutti quei giornali che non fanno altro che alimentare la paura nei confronti del coronavirus. Ora che sono lievemente saliti i contagi (dico lievemente poiché “contagiato” non vuol dire “malato”) è ricominciata la caccia agli untori. Untori che adesso sono stati identificati esclusivamente nei giovani.

Questa è una questione che mi fa impazzire, poiché per lungo tempo è stata portata avanti la retorica della necessità di investire sui giovani e sul loro futuro. E adesso che si fa? Si affossano e si criminalizzano perché sono andati a ballare? Mi spiace, ma non ci sto. Perché invece di puntare il dito su noi giovani, non si fa un mea culpa collettivo per tutte le porcate commesse durante la gestione dell’emergenza da un governo dalle dubbie capacità? Chiaro, perché scaricare la colpa sugli altri cercando di trovare un colpevole è la strada più semplice. Ma non vi preoccupate, quando tutta questa emergenza sarà terminata (speriamo il prima possibile, ma con questo esecutivo ne dubito), ci ricorderemo dei tempi in cui da risorsa siamo stati trasformati in criminali.

Domenico Caridi, Reggio Calabria, 22 agosto 2020

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