Caro Porro, ho più titoli di Burioni ma sono precaria

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Riportiamo di seguito una lettera girataci dal nostro collaboratore Giancristiano Desiderio, e inviatagli da una laureata in Scienze Biologiche prima e Medicina e Chirurgia poi e adesso dottoranda di ricerca in Scienze cliniche e sperimentali, che propone una riflessione sulla questione del valore legale dei titoli di studio.

Gent.mo dr. Desiderio,

vorrei rifarmi al suo articolo pubblicato sul sito nicolaporro.it e darle un contributo “real life”, come si usa dire ultimamente, di quanto dannoso e limitante sia il valore legale del titolo di studio, cosa rétro, ormai in disuso in Stati molto più civili e meritocratici della nostra povera Italia.

Ho 49 anni, mi sono laureata una prima volta in Scienze Biologiche, indirizzo biomolecolare, laurea magistrale a ciclo unico della durata di cinque anni, mi piaceva la ricerca, ma nessuno mi aveva detto che nel nostro Bel Paese tutto o quasi ruoti intorno a sanità e scienza è appannaggio della casta medica. Dopo vari anni persi tra inutili tirocini, borse di studio misere e altri lavori, grazie all’aiuto di una persona incontrata durante il mio cammino ho ripreso a fare ricerca, questa volta però clinica. Ma naturalmente essendo solo una biologa molecolare per poter gestire al meglio gli studi mi sono dovuta iscrivere a Medicina e Chirurgia.

Contemporaneamente allo studio, lavoravo, seguivo corsi di aggiornamento, scrivevo articoli e soprattutto imparavo, e imparavo molto. Mi sono quindi laureata e abilitata all’esercizio della professione medica. Successivamente ho pure vinto un dottorato di ricerca in scienze cliniche e sperimentali che sto per concludere. Sono diventata una dei massimi esperti italiani in malattie della coagulazione, i miei interlocutori sono i maggiori esperti internazionali in questo campo, ho all’attivo circa 160 pubblicazioni scientifiche tra articoli ed abstract, con un Impact Factor superiore a quello dei vari Burioni o Brusaferro, ma….

Non ho alcun contratto stabile!!! Vivo di borse di ricerca e di libera professione, quando posso. Dopo oltre 10 anni di lavoro in questo specifico settore, 67 esami universitari, un expertise da fare invidia a molti pseudo opinion leaders, mi trovo al punto di partenza, come non avessi mai fatto nulla in vita mia. E questo perché? Semplicemente perché per essere assunto all’interno del SSN serve la specializzazione. Ed è qui che il problema diventa un gigantesco problema: le specializzazioni in Italia sono obsolete, non riescono a coprire i nuovi campi della scienza, io ad esempio mi occupo di malattie della coagulazione, in particolare di emofilia ed altri difetti emorragici rari, nessuna scuola di specialità li contempla!; i posti nelle scuole di specializzazione sono inoltre pochi e non soddisfano le necessità di tutti i medici laureati ed abilitati, tutti questi esclusi matureranno altre esperienze (Mmg, case di riposo, Usca, dottorati, altro), ma senza il pezzo di carta specialistico e dal valore legale saranno dei preparatissimi e bravissimi disoccupati o, al massimo, precari; inoltre, dati i pochi posti disponibili, chi ha la fortuna di entrare in specialità ne accetta spesso una qualsiasi pur di avere l’agognato diploma, ma per molti è solo un ripiego, non la loro passione.

Perché dopo tanta fatica uno deve accontentarsi? A molti di questi ragazzi non viene data neanche una chance; la specializzazione però è un optional quando si devono coprire i posti in Rsa, tappare i buchi lasciati dai Mmg, aiutare nelle emergenze (vedi Covid), firmare i referti dei pazienti inseriti negli studi clinici che i grandi baroni non vogliono seguire, ma vogliono il primo nome nella eventuale pubblicazione, ecc. In pratica due pesi e due misure: per essere inseriti in organico effettivo nel Ssn serve la specializzazione, ma per tutto il resto no. Pura follia! E io come mi devo comportare? Finire il dottorato, mi manca poco, e poi fuggire all’estero, dove comunque già mi conoscono? Ma se volessi rimanere in Italia e volessi continuare a fare una cosa che mi piace e che so fare? Dovrei in questo caso accontentarmi delle briciole che mi vengono lanciate, nonostante la mia preparazione? O mi converrebbe forse buttare via tutto il mio passato, tutti i sacrifici fatti e i traguardi raggiunti per prendere una qualsiasi specializzazione giusto per avere quel famoso, ma per il tipo di argomento di cui mi occupo ora, superfluo titolo? Dovrei forse puntare ad un drastico cambio di lavoro (es. direzioni mediche delle aziende farmaceutiche)?

Ma io sono stanca di dover sempre rincorrere il pezzo di carta, stanca di ripartire  sempre da zero! Sono una persona adulta che ha dedicato molto tempo alla sanità italiana, che ha ottenuto anche molti risultati, e che ora vorrebbe semplicemente che tutto questo le fosse riconosciuto permettendole di occupare il posto adeguato alla sua preparazione e competenza, esattamente come avviene all’estero, niente di più.

Mi dia lei un suggerimento visto che sono in grossa crisi. Cosa farebbe al mio posto?

Cordiali saluti.

P.S. Il valore legale del titolo sembra però non valere per chi fa politica: ministro della salute con diploma di maturità, presidente della commissione politiche dell’Ue con licenza di terza media (?!), ecc.ecc.

Lettera firmata, 30 settembre 2020

 

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